Avraham Mocada è un poco più che quarantenne, ma con una grande esperienza nell’affrontare casi difficili. Già protagonista del primo romanzo di Roberto Fiorentini, “Le Chaijm” recensito per questa testata nel 2015, lo ritroviamo, profondamente cambiato, nel secondo romanzo dello stesso autore e sempre pubblicato dalla casa editrice Graphofeel, “La rivoluzione”, ambientato 20 anni dopo.
Tutto infatti, cominciò nel 1775 quando da Livorno, sua città natale, giovanissimo e ingenuo, venne spedito a Roma per concludere un affare commerciale, ma si trovò, suo malgrado, coinvolto in un complicato intrigo, la soluzione del quale, insieme ad alcune letture di stretta attualità per l’epoca, lo convinsero ad andare in Francia ai tempi di Luigi XVI.
Nella “seconda puntata”, ambientata nel 1797, dopo essere stato incarcerato, evidentemente in maniera arbitraria in seguito ad un processo-farsa sommario, com’era quasi sempre in uso in quei tempi, Avraham viene messo davanti ad una scelta: andare a Roma per conto del governo di Parigi, per aiutare il popolo romano a liberarsi di Pio VI e formare una Repubblica sotto il controllo del Direttorio, o marcire in galera e rischiare di essere ucciso con un qualsiasi semplice pretesto.
Ovviamente il nostro accetta l’offerta, così torna nella città eterna dove ritrova vecchi amori e compagni di lotta e dove stringe nuove importanti amicizie. Fra i vicoli, le strade e le piazze della Roma di fine ‘700 il lettore seguirà le avventure di Mocada, dei rivoluzionari e dei conservatori, con colpi di scena, intrighi misteriosi e suspense che lo terranno attanagliato fino all’ultima pagina.
Avraham è un personaggio complesso, a volte molto freddo e cinico, ma al quale non mancano dubbi, ripensamenti, crisi di coscienza e perfino barlumi di tenerezza; passa più volte da fasi piuttosto brevi di buia e forse anche disperata apatia a lunghi periodi di piena attività. Tuttavia, sprezzante del pericolo, non si tira mai indietro quando c’è da infilarsi in qualche missione insidiosa.
Naturalmente egli è il risultato della fantasia dell’autore, così come il suo mandante e alcuni di coloro che lo circondano, ma gli eventi, la geografia, la toponomastica e soprattutto gran parte dei personaggi che popolano il romanzo corrispondono alla realtà e alla storia. Anche l’atmosfera burrascosa le problematiche e le difficoltà della popolazione, poco note a chi non è specializzato nella storia di quel periodo, aiutano il lettore a rivivere in pieno quel periodo.
È un romanzo tutto sommato anche piuttosto anticonformista il cui realismo si vede anche dalla caratterizzazione dei personaggi: non c’è una divisione netta tra buoni e cattivi, i primi non sempre vincono e i secondi, invece di soccombere, riescono spesso non solo a sopravvivere, ma anche ad emergere.
Scene raccapriccianti alternate a momenti di tenero romanticismo o piccante sensualità rendono più leggere le problematiche che erano sì tipiche dell’epoca, ma sono tuttora, almeno parzialmente e in forme diverse, di stretta attualità: l’emancipazione femminile, il rispetto delle minoranze, l’uguaglianza dei diritti (ma anche dei doveri), la difesa dei più deboli, la presenza e la conseguente lotta contro l’oppressione, i pregiudizi, il razzismo e l’antisemitismo.
Un romanzo storico, dunque, ma molto piacevole dal quale il lettore medio, giovane o meno, potrà anche imparare tante piccole curiosità.
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