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18/11/24 ore

Alfabeto d’origine di Lea Melandri. Un excursus nel passato, tra vicende autobiografiche e storiche



Alfabeto d’Origine (Ed. Neri Pozza),di Lea Melandri,uno dei cinque libri finalisti del Premio Pavoncella, è in realtà una raccolta di articoli dell’autrice centrata sul tema della scrittura che diventa un mezzo per descrivere esperienze autobiografiche intrecciate a quelle epocali e storiche, una sorta di excursus nel passato, con il supporto di citazioni tratte da altri autori che sembrano quasi dialogare con lei, dagli anni ’60 in poi.

 

Nella scheda di presentazione si analizza il desiderio di scrittura che “può nascere per contagio: frequentazione, lettura,  intrattenimento con altre scritture che lo muovono e che diventano modello, scuola di formazione. È il modo più frequente, ma anche quello che finisce facilmente per rientrare nei generi noti: l’ispirazione letteraria e i linguaggi specialistici, disciplinari. Un altro percorso, meno visibile, è quello che parte da sommovimenti interni – pensieri, emozioni, sentimenti – che, nel tentativo di arrivare alla parola, trovano proprio nei linguaggi già dati della cultura una barriera. La scrittura di Lea Melandri appartiene decisamente a questo secondo tipo. È una scrittura legata alla conoscenza di sé, all’esplorazione di zone rimosse: passioni  elementari, sogni, costruzioni immaginarie, rappresentazioni del mondo, riconoscibili in ogni spazio e tempo, innanzi tutto attraverso le figure del maschile e del  femminile, che il corso della storia ha modificato, ma non tanto da cancellare i tratti della vicenda originaria che ha dato loro volti innegabilmente duraturi”

 

Lea Melandri definisce questo modo di procedere, questo viaggio all’interno di sé, “scrittura di esperienza” che ha la spudoratezza necessaria per nominare “il mondo delle cose che non siamo stati capaci fino a questo punto di dire. Una prosa che non teme di scavare, attraverso parole, sentimenti, sogni, nell’intimità mancata nelle relazioni reali, nella memoria del corpo, sino al punto da costituire, un’autobiografia per interposta persona”.

 

Lo stile è senz’altro dotto, ricco di citazioni erudite, di riflessioni filosofiche su un mondo dominato da opposti e dualismo, riflessioni a tratti contorte e quasi ermetiche, un turbinio di pensieri in libertà e digressioni che in qualche modo ricorda le caratteristiche dello “stream of consciousness” di James Joyce, di ossessioni  freudiane sul rapporto madre-figlio, continui pessimistici richiami ad aspetti negativi e alla morte. Il libro genera a tratti nel lettore una sorta di malessere e tristezza.

 

La parte migliore e più sincera include le esperienze dell’autrice negli anni ’60 e ’70, le lotte politiche e quelle in difesa del movimento femminista, nonché i ricordi della sua vita in campagna a contatto con la natura, anche se la sua infanzia non è stata facile per la povertà della famiglia contadina.

 

Dalle note biografiche apprendiamo che Lea Melandri, all'anagrafe Maddalena Melandri, è nata a Fusignano il 4 marzo 1941. Divenuta una nota saggista, scrittrice e giornalista, dagli anni settanta in poi è stata un'attivista del movimento femminista, scrivendo vari libri al riguardo. Ha diretto dal 1971 al 1978 la rivista L'erba Voglio e dal 1987 al 1997 la rivista Lapis. Percorsi della riflessione femminile. Ha anche curato rubriche di vari giornali italiani, come Ragazza In, Noi donne, Extra Manifesto, L'Unità e Carnet. Dal 2011 è Presidente della Libera Università delle Donne di Milano.

 

Ecco un’intervista all’autrice che presenta il suo libro, illustrando importanti eventi epocali e storici:

 

Giovanna D’Arbitrio

 

 


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