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16/11/24 ore

“Il gesto e la musica”


  • Elena Lattes

Figlia di padre italiano e madre belga, nasce a Monza nel 1936 e fin da ragazzina dimostra un particolare talento per la scrittura e per il canto. Frequenta, con la sorella, anche musei e mostre cosicché si trova presto a suo agio nel mondo dell’arte. Da adolescente assiste ad un’esibizione della Callas di cui si innamora perdutamente, tanto da scegliere di aggiungere, fin dalla sua prima cronaca, il nome Maria. Quale migliore mestiere intraprendere, allora, se non quello di giornalista di cultura e spettacolo?

 

Carla Casanova, per la precisione Carla Anna Giuseppina, più “famosa” come Carla Maria, appunto, in onore della “Divina”, racconta ne “Il gesto e la musica”, pubblicato dalla Zecchini Editore, 60 anni della sua carriera giornalistica attraverso le esperienze professionali e umane, offrendoci una panoramica ampia e variegata di questo mondo noto, ma mai abbastanza conosciuto a fondo dal grande pubblico.

 

Tanti decenni ricchi e intensi, esposti in maniera vivace e simpatica, con punte di delicata ironia, con una vezzosa civetteria e senza falsa modestia, ma pure con feroci autocritiche. Se ne evince una donna ancora molto brillante e vitale, dai solidi principi morali e dal carattere forte: nonostante il tipo di lavoro che svolge, rispetta la privacy quando richiesta o ritenuta necessaria, aiuta gli amici in difficoltà, tiene testa ai suoi capi, si fa valere senza imporsi anche con le persone dal carattere impossibile.

 

L’autobiografia, di oltre cinquecento pagine, inizia con una breve storia della sua famiglia e di quella dei suoi genitori, per proseguire poi con una cronaca breve ma dettagliata suddivisa per ogni anno e proposta in ordine cronologico. Sono così illustrati vari personaggi della lirica e del teatro, ma anche i direttori, i capiredattori e i colleghi di tante testate giornalistiche con le quali ha collaborato; parla di industriali, imprenditori e politici e, avendo viaggiato molto, racconta anche di Paesi vicini e lontani, ricordando fatti di importanza mondiale. Non nasconde le sue idee politiche e religiose, ma le esprime sempre col massimo rispetto per gli altri.

 

Si può così venire a conoscenza della forte rivalità tra la Callas e la Tebaldi, dell’antagonismo - compreso quello politico - tra Muti e Abbado, ma si può anche respirare l’atmosfera della dittatura sovietica, con i suoi controlli ossessivi e le nostalgie di chi aveva creduto nella Rivoluzione ed è rimasto deluso alla constatazione dei fatti, dell’Afghanistan pre-talebano, dello Yemen degli anni ’80, delle aree più povere del Burundi prima della guerra degli Hutu contro i Tutsi e del Giappone con la sua organizzazione supertecnologica (che manda nel panico gli autoctoni quando salta la corrente).

 

Bello il racconto della sua visita in Israele ai luoghi sacri del cristianesimo e a Masada; commoventi l’adozione di una gattina, Viola, il suo “più grande amore”; la morte del padre; l’uscita di scena della Tebaldi e la gratificazione provata in cui ha sentito il genitore presentarsi, per la prima volta, in qualità de “il padre dell’Autrice”, poiché fino ad allora ella era sempre stata la “figlia di”. Leggendo il libro si può percepire, con lei (o accanto a lei) la frustrazione delle lungaggini legate alle traduzioni della sua biografia della Tebaldi o di un processo da lei subito per ingiuria.

 

Un po’ noiosi, forse, gli elenchi di invitati o presenti ad alcuni eventi, per lei sicuramente importanti, ma per chi legge, sarebbe stato preferibile, probabilmente, ridurli per soffermarsi di più, invece, sui Paesi visitati o sulla sua visione dei fatti di rilevanza mondiale (tra cui per esempio, la nascita del cd e la sua presentazione nel 1983).

 

 


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