Situato nella bassa Toscana fra le colline di tufo della Maremma grossetana, Pitigliano è un borgo medioevale che fra la fine del 1700 e gli inizi dell''800 fu definito la "Piccola Gerusalemme".
In questa cittadina visse per circa cinquecento anni una comunità ebraica, esigua nei numeri, ma importante sia per la percentuale di presenze rispetto al resto della popolazione locale, sia per la sua vivacità e per la totale integrazione. A raccontarne la storia più recente "attraverso documenti inediti", è ora un libro pubblicato da Edizioni Effigi e curato da Franco Paioletti e Angelo Biondi: "Pitigliano. La Comunità Ebraica tra Ottocento e Novecento".
Il primo è un attento osservatore e un appassionato ricercatore della storia della cittadina natia, già coautore di "Pitigliano, la piccola Gerusalemme", il secondo è il preside di un istituto tecnico locale, scrittore ed esperto storico.
Il volume di trecento pagine riguarda il periodo di maggiore fioritura e del progressivo declino della comunità ebraica che, situandosi appena fuori, ai confini dello Stato pontificio, offrì rifugio a numerose vittime di soprusi e persecuzioni. A Pitigliano, infatti, nonostante ci fosse un ghetto, non fu mai teatro di violenze e i propri abitanti godevano di libertà e diritti che erano severamente negati ai loro correligionari nel resto di Italia.
Numerosi gli episodi e aneddoti raccontati nel libro a testimonianza di questa felice eccezione. Il primo, il più famoso, accadde nel 1799, quando bande di popolani umbri e toscani vennero aizzati dai governanti locali in funzione antinapoleonica che, al grido di "Viva Maria", misero a ferro e fuoco alcune delle piccole comunità del territorio toscano. I risultati furono nefasti a Siena, dove tredici o quattordici ebrei vennero massacrati e bruciati pubblicamente in Piazza del Campo, ad Arezzo altri quindici furono arrestati e poi forzatamente trasferiti a Firenze, e altrettanto si verificò a Monte San Savino.
Al contrario, come si accennava, a Pitigliano invece la popolazione locale insorse e con le armi difese i propri concittadini ebrei, salvandoli da sicuro massacro.
Altri episodi meno noti, ma molto significativi riguardano gli scambi di alimenti e doni vari per le reciproche feste e la partecipazione di cristiani ad alcune celebrazioni legate ai cambiamenti stagionali e alle relative attività agricole.
Probabilmente fu grazie a questo particolare clima di pacifica convivenza che la cittadina si meritò il titolo di cui si accennava all'inizio.
Dopo l'Unità d'Italia e la conseguente emancipazione, nonostante il crescente declino della comunità, furono molti i pitiglianesi di spicco, sia nella cultura, ebraica e non, che nel mondo politico e istituzionale: si contarono diversi sindaci, presidenti di associazioni di categorie, avvocati, giornalisti e famosi pensatori. Molti gli ebrei che parteciparono alla prima guerra mondiale, alcuni dei quali furono ufficiali e/o decorati al valor militare. Le persecuzioni razziali fasciste e naziste contribuirono notevolmente alla scomparsa della piccola comunità che vide la sua totale dissoluzione negli anni cinquanta-sessanta.
Recentemente tuttavia, grazie a lavori di restauro e al volontariato dell'Associazione "La Piccola Gerusalemme", il borgo maremmano ha rivisto nascere un'intensa vita culturale e commerciale volta a far conoscere la storia degli ebrei pitiglianesi.
Questo e altro viene raccontato nella prima parte del libro a cura del prof. Biondi, mentre nella seconda, Paioletti riporta dettagliatamente i preziosi risultati derivati dalle sue lunghe ricerche: ampi stralci di documenti provenienti dagli Archivi di Stato e vescovili e dai registri anagrafici della comunità forniscono il materiale necessario per conoscere a fondo quanto fin qui illustrato.
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