Il 18 ottobre 2018 a Napoli, allo Spazio Guida in via Bisignano, 11, è stato presentato il libro “l’altro Radicale - essere liberali senza aggettivi” (Guida editore) di Giuseppe Rippacon Luigi O. Rintallo. Sono intervenuti: Antonio Marulo (moderatore), Luigi Rintallo, Andrea Manzi (giornalista), Paolo Macry (ordinario di Storia contemporanea all'Università Federico II), Biagio De Giovanni(professore emerito di Filosofia Politica all'Università degli Studi l'Orientale), Giuseppe Rippa (direttore di Quaderni Radicalie di Agenzia Radicale), webmaster Roberto Granese.
“Partendo dalle ragioni dell'"alterità" del partito fondato da Marco Pannella – si legge nella quarta di copertina del liro - Giuseppe Rippa riflette sull'eclisse attuale dei radicali nello scenario italiano dopo la morte del leader nel 2016. È l'occasione per raccontare la propria esperienza politica dagli esordi nella Napoli degli anni Settanta alla situazione attuale, che a due anni dalle elezioni presidenziali negli Stati Uniti registra una svolta epocale dai contorni ancora indefiniti. Attraverso la carrellata di incontri ed eventi emerge con nitidezza l'analisi politica del direttore di «Quaderni Radicali» e «Agenzia Radicale», contraddistinta dal complesso rapporto con Pannella - a un tempo dialettico ma sempre improntato a lealtà - e dalla determinazione a concepire l'impegno civile come una ragione di vita irrinunciabile.
Dopo una breve introduzione dell’ equilibrato moderatore, Antonio Marulo, la parola viene data a Luigi O. Rintallo secondo il quale il liberalismo non può essere considerato la causa scatenante di globalizzazione, turbocapitalismo e consequenziale crisi del 2008, in quanto non hanno in sé niente di liberale, come viene sottolineato anche nel libro scritto dopo la morte di Pannella per ricostruirel’alteritàdei radicali, nonché quella dello stesso Rippa. Dagli anni ’70 si arriva ad oggi con una serie di riflessioni che diventano un manifesto politico, non solo memoria del passato, una proposta politica per il futuro dal momento che dal’92 predomina l’antipolitica, con una frammentazione orchestrata dal Potere dominante che preferisce manipolabili ribelli ai riformatori che propongono reali cambiamenti. L’esigenza di ritornare alla vera politica era già presente nel loro libro del ’93, “Hanno ammazzato la politica”.
A questo punto Marulo passa la parola ad Andrea Manzi che definisce il libro “molto complesso”: essere liberali senza aggettivi è difficile, in particolare oggi per la crisi attuale dell’Italia, un paese “fermo” in condizioni drammatiche. Rippa, comunque, ha il merito di estendere la sua visione oltre i confini, pur lottando sempre per i diritti umani e civili. In effetti i radicali in tutte le loro battaglie hanno cercato di introdurre nuove norme o di modificare quelle esistenti con una chiara visione della legge. Secondo Manzi spesso si parla di crisi della democrazia liberaledella quale non esistono esempi riscontrabili nella realtà (tranne forse negli USA): liberalismo e democrazia sono due cose diverse secondo li, in quanto il primo è atteggiamento etico-politico mentre la democrazia ha un carattere prettamente politico. Drammatica appare oggi la cattiva manutenzione della democraziaanche per colpa dei liberali, secondo “The Economist” che rileva una mancanza di azione incisiva dei liberali (perfino nel caso dei migranti), per una crisi dei valori liberali.
Secondo Paolo Macry, tutto parte dalle campagne referendarie degli anni ’70, alcune vinte altre perse, battaglie difficili in un’Italia clericale e martoriata da eventi drammatici, come ad esempio il caso Moro, battaglie costruite anche con l’appoggio della sinistra, col “passa parola” e con costruttive insperate sinergie, come quella con Scalfari e l’Espresso. Anche nelle sconfitte, tuttavia, i radicali si garantiscono uno “zoccolo duro”, un 15% -20% di adesioni anche su temi molto difficili, avvalendosi di una piccola classe dirigente competente e colta che fa discorsi nuovi. Battaglie per i diritti civili, fatte per affermare lo stato di diritto e la democrazia liberale, battaglie fatte per l’informazione, con Radio Radicale, nata a metà anni ’60 sul criterio di “conoscere per deliberare”. Preoccupano oggi le forze illiberali, ma bisogna sperare di far sentire una voce diversa, come hanno fatto i radicali con Pannella e una classe dirigente intelligente che è riuscita a rompere la “crosta del senso comune”, mettendo in campo “valori non negoziabili”.
La parola passa poi a Biagio De Giovanni, autore della post prefazione, che dichiara in modo netto e conciso che siamo “alla fine di un mondo”, fine nella quale siamo tutti coinvolti. Allora volgiamo lo sguardo al passato quando esistevano i grandi partiti di massa,fenomeno non solo italiano ma europeo, contrassegnato da una tensionedialetticaalla quale partecipavano anche i radicali, mai stati un partito, bensì una costellazione diretta da Pannella, crollata quando sono scomparsi i grandi partiti, le grandi culture che hanno fondato la democrazia di massa nel dopoguerra. Nel periodo delle battaglie referendarie, in effetti, anche il partito comunista è stato positivamente coinvolto. Nel 1989 poi cambia la struttura del mondo con la globalizzazione, in Europa all’inizio interpretata come una premessa per unificare il mondo ed estendere la democrazia, ma non è stato così: l’Europa si sta disgregando sotto l’avanzata di destre estremiste e populismi (vedi Brexit e una Germania sempre più debole). Assistiamo all’agonia della democrazia rappresentativa e al sorgere di democrazie illiberali, una crisi non solo europea, ma mondiale.
Un’opposizione vera può venire solo dalla Cultura, poiché ora occorrono nuovi strumenti per una svolta. Il passato non ritorna, chiediamoci piuttosto da dove ripartiamo per uscire dall’attuale caos mondiale e dalle democrazie illiberali. Basti pensare alle parole di Salvini durante il suo recente viaggio in Russia, nazione in cui si sente “a proprio agio”, nazione in cui si ammazzano gli informatori e dove regna il dispotismo. Speriamo che si risvegli la Cultura per mettere a tacere una trionfante sottocultura becera e rozza.
Conclude il dibattito Giuseppe Rippa riassumendo i temi trattati dai vari interlocutori e partendo dagli anni ’70 quando Napoli era un avamposto delle battaglie civili. Pur condividendo le idee di Biagio De Giovanni, egli mette in evidenza i costanti sforzi dei radicali nel cercare interlocutori anche negli altri partiti (in particolare socialisti e PCI) per le loro difficili battaglie nel difendere la cultura liberale, la vera democrazia, lo Stato di diritto e l’informazione corretta. L’attacco alla parte deleteria della partitocrazia è stata fatta con i referendum. Il libro “Hanno ammazzato la politica” aveva in sé il presagio della fine di una costruttiva dialettica e l’inizio di un’informazione sempre più scorretta. Il declino dei partiti è oggi evidente nei discorsi dei politici, inclusi quelli del PD che ha perso continuamente pezzi. Insomma bisogna lavorare sulla “società delle conseguenze”, in cui vanno scomparendo tutti gli spazi di confronto e dialogo, mentre trionfano o ignoranza, incompetenza, disinformazione: una catastrofe alla vigilia delle elezioni europee per il predominio di sovranismi e populismi.
Un dibattito davvero interessante, in cui finalmente abbiamo potuto apprezzare il tono colto ed elevato del confronto tra persone intelligenti che con sincerità e competenza hanno analizzato un lungo periodo storico dagli anni ’70 ad oggi, toccando numerosi temi con discorsi “di qualità”, quella qualità culturale che purtroppo oggi scarseggia, come giustamente ha rilevato B. De Giovanni, auspicando un ritorno alla vera Cultura.
Ecco un audiovideo del dibattito.
Giovanna D’Arbitrio
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