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25/11/24 ore

POESÌ di Rino Mele. Il futuro in cui siamo



C’è uno sdoppiamento che c’insegue. Quello che saremo pare appartenga già al nostro passato.

 

 

 

                

 

                      POESÌ di Rino Mele

 

Il futuro in cui siamo

 

Vivremo di notte, avverrà presto, ci dimenticheremo

del sole, abbandonati

dalla sua luce, cammineremo

nel fascio di potenti fari dai quali non potremo uscire

senza perderci.

Avremo occhiali spessi da talpa, le mani tinte

di vernice per farci riconoscere.

Saremo finalmente meno che vegetariani, basterà

una foglia di plastica, l'esposizione a un neon azzurrino

per sopravvivere.

Faremo tutti gli stessi gesti, le parole saranno

misurate e basterà per essere compresi,

non ci sarà spazio per i compromessi di un "io" relegato nella preistoria

dei nostri corpi finalmente senz'anima. Controllati da macchine per

evitare

narcisismi vani, le oblique strade che occupano la voce

dell'altro spingendolo a soffrire.

Saremo

divisi dai morti da una parete sottile.

 

Intanto, nelle rade piogge tra ottobre e novembre, ci ritroviamo

accanto a una stretta porta

sul vuoto d'un burrone.

Vorremmo avvicinarci e spiare, sappiamo che sul fondo, ma

anche a mezz'aria, vi camminano i morti, sono senza

dolore,

non sanno nemmeno d'essere stati vivi,

si muovono con armonia, senza potersi urtare, riconoscersi, parlare.

Li coprono

le cicatrici di quando avevano il peso di un nome, l'attesa

di un giorno

nuovo

dopo l'infinito tunnel

delle notti, gli strazi chiari dell'alba.

 

 _______________________________

 

 

Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Dal 2009 dirige la Fondazione di Poesia e Storia. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

  

 

 

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