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23/12/24 ore

POESÌ di Rino Mele. La nave nel deserto



Apollonio Rodio (III secolo avanti Cristo) e Valerio Flacco (primo sec. d.C.) dedicarono straordinari versi all'impresa degli Argonauti. Il poema di Valerio Flacco, forse incompiuto, inizia: "Canto i mari che furono strada a grandi eroi e la profetica nave". Fatidicam ratem: l'unica nave che sia stata capace di parlare. Il vello d'oro di un ariete, da conquistare. L'inconsumabile epopea di un viaggio senza fine.

 

 

 

 

 


                                  POESÌ di Rino Mele

 

 

La nave nel deserto

 

 

Scomparsa dal confine del nostro sguardo,sepolta

dove la coscienza non s'apre, nove giorni durò la tempesta e sembrava

non potesse finire:quando la nave Argo

costruita con lucente sagacia, trave su trave, l'onda

immane portò verso l'alto,

i marinai ne tremarono, gli eroi conobbero una livida pena. Il timoniere

era Tifi, legato al timone impazzito, gli altri

sbattuti da una forza

che si prendeva gioco di loro, come fanciulli bendati

a rincorrere voci.

Orfeo, Giasone, lo stesso Ercole, e Meleagro e Teseo, Argo

che aveva costruito la prodigiosa nave,

si trovarono sospesi nell'aria, fermi (intorno

non vedevano

più il mare), le aquile urtavano lo scafo sorprese anch'esse

dal vento come avesse urlato

fino al baratro dell'inudibile silenzio 

e oltre, dove nulla appare. La nave trasformata in un giavellotto, l'asta pesante di un eroe,

lanciata attraverso il muro

dei venti nello strido di morte (che ogni 

uomo conosce morendo). Gli argonauti erano tirati dagli dei

nell’abisso dei cielicome fossero

astragali, dadi truccati

nel gioco

senza vittoria. Dalla strada delle stelle, la nave Argo atterrò nel

deserto,

perso per sempre il mare. Nessuno l’aveva mai narrato. Come se tutte le madri

fossero morte, gli eroi della nave si trovarono senza volto, né

voce

nel deserto atroce.La tempesta era scomparsa

e ora l'avrebbero ancora voluta - la nave Argo chiusa tra le dita del nulla,

nella morte di tutto, il fuoco

fermo del deserto muto. Sul deserto

la nave: un emblema, il segno

che svela

ciò che accade quando ti ritrovi gettato nel vuoto, a camminare

(quanta fatica per trarsene

fuori, salvarsi di nuovo insieme alla nave, ritrovare da morti il mare).

 

 

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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 

 

  

 

 

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