Apollonio Rodio (III secolo avanti Cristo) e Valerio Flacco (primo sec. d.C.) dedicarono straordinari versi all'impresa degli Argonauti. Il poema di Valerio Flacco, forse incompiuto, inizia: "Canto i mari che furono strada a grandi eroi e la profetica nave". Fatidicam ratem: l'unica nave che sia stata capace di parlare. Il vello d'oro di un ariete, da conquistare. L'inconsumabile epopea di un viaggio senza fine.
POESÌ di Rino Mele
La nave nel deserto
Scomparsa dal confine del nostro sguardo,sepolta
dove la coscienza non s'apre, nove giorni durò la tempesta e sembrava
non potesse finire:quando la nave Argo
costruita con lucente sagacia, trave su trave, l'onda
immane portò verso l'alto,
i marinai ne tremarono, gli eroi conobbero una livida pena. Il timoniere
era Tifi, legato al timone impazzito, gli altri
sbattuti da una forza
che si prendeva gioco di loro, come fanciulli bendati
a rincorrere voci.
Orfeo, Giasone, lo stesso Ercole, e Meleagro e Teseo, Argo
che aveva costruito la prodigiosa nave,
si trovarono sospesi nell'aria, fermi (intorno
non vedevano
più il mare), le aquile urtavano lo scafo sorprese anch'esse
dal vento come avesse urlato
fino al baratro dell'inudibile silenzio
e oltre, dove nulla appare. La nave trasformata in un giavellotto, l'asta pesante di un eroe,
lanciata attraverso il muro
dei venti nello strido di morte (che ogni
uomo conosce morendo). Gli argonauti erano tirati dagli dei
nell’abisso dei cielicome fossero
astragali, dadi truccati
nel gioco
senza vittoria. Dalla strada delle stelle, la nave Argo atterrò nel
deserto,
perso per sempre il mare. Nessuno l’aveva mai narrato. Come se tutte le madri
fossero morte, gli eroi della nave si trovarono senza volto, né
voce
nel deserto atroce.La tempesta era scomparsa
e ora l'avrebbero ancora voluta - la nave Argo chiusa tra le dita del nulla,
nella morte di tutto, il fuoco
fermo del deserto muto. Sul deserto
la nave: un emblema, il segno
che svela
ciò che accade quando ti ritrovi gettato nel vuoto, a camminare
(quanta fatica per trarsene
fuori, salvarsi di nuovo insieme alla nave, ritrovare da morti il mare).
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Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.
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