
di Giulia Anzani
Nel panorama del cinema indipendente italiano, Mangia! è una di quelle opere che non passano inosservate. Non perché siano perfette, ma perché hanno il coraggio — e il disordine! — di chi tenta qualcosa di diverso.
Diretto, scritto e interpretato da Anna Piscopo, classe Under 35, attrice e sceneggiatrice formatasi tra l’Accademia Silvio D’amico e il teatro underground, il film è l’adattamento cinematografico del suo one-girl-show omonimo, che già in scena aveva suscitato interesse e premi.
Una scrittura di pancia che alterna feroce ironia e disorientamento esistenziale: un marchio riconoscibile fin dall’origine.
Mangia! è anche l’ultima produzione dello storico Galliano Juso, produttore “corsaro” di lungo corso, morto nel 2024 proprio mentre il film veniva ultimato. È un’opera che ne riflette lo spirito: irregolare, spavalda, imprevedibile.
Prodotta con un budget minimo — ma con il sostegno del MiC —, Mangia! è girato a Catania secondo i dettami del Dogma 95: camera a mano, luce naturale, attore non professionisti, eccezion fatta per la stessa Piscopo, presi letteralmente dalla strada, spesso il giorno stesso delle riprese.
Il risultato è un pastiche grottesco, che si muove tra bulimia della protagonista — interpretata dalla stessa regista — e un’umanità catanese sghemba, surreale e spesso caricaturale. La trama è più un pretesto che una guida: una giovane donna affamata (di cibo, di attenzione, di vita?) vaga nella città alla ricerca di qualcosa che la contenga, mentre intorno a lei ruota un coro di emarginati, folli, profeti posticci e passanti spaesati. Il tutto è condito da dialoghi strampalati, provocazioni verbali e cartelli ironici che punteggiano la narrazione, vere “scritte metanarrative” che smontano lo scenario urbano e lo trasformano in un teatro dell’assurdo.
Ci si muove così tra realismo e allucinazione, farsa e tragedia, ma il confine è talmente labile che spesso si rischia di non cogliere né l’uno é l’altro. I disturbi alimentari, così come la critica sociale — dalla pressione estetica al venganismo spinto, dalla precarietà ai miti del successo — restano suggeriti più che affrontati: accennati, sfiorati, a volte ridotti a slogan. Ma è anche il riflesso di un disagio diffuso, generazionale, che preferisce mostrare il groviglio anziché dipanarlo.
Dal punto di vista tecnico il film mostra alcune scelte felici. La fotografia di Daniele Gangemi regge bene la prova della spontaneità, restituendo una Catania vivida, a volte sporca e dolente, altre quasi fiabesca. Il montaggio di Edoardo Viterbori è rapido, sincopato, pieno di tagli che sembrano improvvisati ma inseguono un ritmo preciso, seppur caotico. Il suono, vera croce dei film low-budget, è sorprendentemente curato grazie al lavoro in presa diretta di Valerio Scirè.
E poi ci sono le musiche: lo storico cantautore Tony Esposito e il cantautore catanese Fabio Abate (già nella scuderia di Carmen Consoli) costruiscono una colonna sonora che è insieme dissonante e affascinante, capace di creare squarci emotivi anche nei momenti più inconcludenti del film.
La regia di Piscopo è acerba ma non priva di intuizioni. Il film alterna momenti visivamente efficaci a derive teatrali un po’ compiaciute. Ma in questa tensione irrisolta, tra caos e intuizione, si avverte una voce che cerca spazio.
Mangia! non è sicuramente un film per tutti. È un oggetto sbilenco, imperfetto, che può far storcere il naso per la sua scrittura disarticolata e certe performance al limite dell’imbarazzo, ma che ha anche il coraggio di non somigliare a nulla di noto. Piacerà a chi ama il cinema-sberleffo, quello che inciampa e si rialza, che prova a dire cose scomode anche quando non sa esattamente come farlo. Ed è proprio in questo “non sapere” che c’è il seme di qualcosa. Una voce ancora incerta, ma ciò capace di farsi sentire.
Alla fine, non sai se ti ha nutrito o confuso. Ma sicuramente non ti ha lasciato a stomaco vuoto.