di Giulia Anzani
Arriverà il 7 novembre nelle sale italiane Il ragazzo dai pantaloni rosa, il film che riporta sul grande schermo la vera storia di Andrea Spezzacatena,un adolescente vittima di bullismo e cyberbullismo che il 20 novembre 2012, a 15 anni, si tolse la vita. Scritto con il contributo di Teresa Manes, madre di Andrea e attivista contro il bullismo, il film è un’opera di memoria ma anche di denuncia. Nel cast, Claudia Pandolfi nel ruolo di Teresa Manes, Samuele Carrino nel ruolo di Andrea Spezzacatena.
Diretto da Margherita Ferri e prodotto da Roberto Proia e Gianluca Leurini perEagle Pictures e Weekend Films, Il ragazzo dai pantaloni rosa è tratto dall’opera letteraria Andrea Oltre il pantalone rosa di Teresa Manes edito Graus Edizioni, affronta la crudeltà e l’indifferenza di un mondo incapace di proteggere i più vulnerabili.
Quei pantaloni rosa, indossati con orgoglio da Andrea dopo un lavaggio sbagliato, sono diventati simbolo di un’identità non rispettata, trasformandolo ancora una volta in un bersaglio.
Il messaggio del film ha, tuttavia, già trovato ostacoli: durante l’anteprima, avvenuta nella sezione autonoma e parallela della Festa del Cinema di Roma dedicata alle nuove generazioni, Alice nella città, insulti e risate sono risuonati in sala.
Il sito Gay.it ha riportato l’accaduto denunciando questo “circo di scherni e baccano” che ha evidenziato come l’intolleranza sia ancora un problema, anche tra i giovanissimi. Alcuni studenti presenti si sono dissociati da tali comportamenti ma, naturalmente, l’increscioso e vergognoso episodio ha scatenato un acceso dibattito.
Teresa Manes ha espresso il proprio rammarico per quanto accaduto, sottolineando che tali atteggiamenti sono il riflesso di un’educazione carente, incapace di promuovere empatia e rispetto.
“Quegli insulti erano sorretti dall’impalcatura dell’indifferenza che è la forma più subdola della violenza”, scrive sulla sua pagina Facebook. “Si parla di educare all’empatia e ci si mostra incapaci di farlo, permettendo di calpestare in modo impietoso la memoria di chi non c’è più e, soprattutto, un’attività di sensibilizzazione collettiva, portata avanti da chi ci crede ostinatamente. Mi piacerebbe che chi continua a negare l’omofobia in questo Paese prendesse spunto da quanto accaduto per rivedere il proprio pensiero e regolare il proprio agito”, conclude, “perché la parola non è un concetto vuoto. La parola è viva ed uccide. Io, di certo non mi piego. Anzi, continuerò più forte di prima. Mio figlio non c’è più ma l’omofobia a quanto pare sì!”.
In risposta a quest’aspra critica a un mondo adulto troppo spesso indifferente, un altro episodio di censura è avvenuto a Treviso, dove alcuni genitori di una scuola media hanno bloccato la proiezione del film in un tentativo di protezione che, secondo molti, ha negato un’importante opportunità di dialogo su temi come il rispetto e l’accettazione delle diversità. La preside della scuola ha accolto la richiesta, precisando che la proiezione è solo temporaneamente sospesa.
Nel frattempo, Elisabetta Piccolotti, deputata del gruppo Alleanza Verdi e Sinistra, ha presentato un’interrogazione parlamentare al Ministro dell’Istruzione, Giuseppe Valditara, in merito ai fatti di Roma, ricordando un altro tragico e recente episodio: quello di Leonardo Calcina, quindicenne di Senigallia che si è tolto la vita dopo aver subito pesanti atti di bullismo.
Come riporta Gay.it, Piccolotti ha dichiarato: “Se qualcuno avesse avuto ancora qualche dubbio sulla necessità di inserire l’educazione sessuale e affettiva nei programmi scolastici, quanto accaduto durante la proiezione dovrebbe averli fugati”.
La deputata ha descritto l’atmosfera di derisione e insulti pesanti che alcuni giovani hanno rivolto al protagonista, arrivando a sperare che si togliesse la vita: “Troppi ragazzi, non tutti per fortuna, hanno completamente ignorato il messaggio del film cercando in ogni modo di fare spazio all’omofobia davanti ad un film che la condannava”.
Piccolotti ha sottolineato che episodi come quello di Andrea e di Leonardo non sono rari e che “mentre alcuni si perdono in un delirio oscurantista contro la presunta propaganda gender, molti giovani perdono la fiducia in se stessi e persino la voglia di vivere a causa di violenze psicologiche e fisiche”. A fronte dell’annuncio di Valditara, che ha chiesto sanzioni per gli studenti che hanno rivolto insulti omofobi durante la proiezione, Piccolotti ha sollevato una domanda critica: “Tutto questo si risolve con voti in condotta e punizioni?”, e ha aggiunto “Vogliamo l’educazione sessuale e affettiva nelle scuole, per insegnare il rispetto e l’accoglienza”.
A fronte di questi eventi, le domande che si sollevano sono inquietanti e riguardano la sensibilità e l’educazione della nostra intera società: perché i giovani sentono così spesso di non avere altre vie d’uscita? Come può un ragazzo, una ragazza, nel pieno della sua crescita, sentirsi così desolato? E ancora: perché permettiamo che questi drammi si ripetano? Come possiamo, come società, impedire che l’intolleranza prenda ancora una volta di troppo il sopravvento?
Secondo le stime, circa il 40% degli adolescenti italiani ha subito esperienze di bullismo, un dato allarmante che evidenzia quanto questo fenomeno sia diffuso e urgente da affrontare. È giunto il momento di agire, l’indifferenza non è (mai stata, non dovrebbe essere mai) un’opzione perché ogni attimo perso è un giovane in più che può sentirsi solo e senza speranza.
Il ragazzo dai pantaloni rosa non è solo un film dedicato alla memoria di Andrea: è un invito a cambiare. L’educazione sessuale e affettiva non è solo un argomento da trattare in aula ma una necessità vitale.
Dobbiamo essere i custodi di un cambiamento che inizia da noi, per costruire un futuro in cui il bullismo e l’intolleranza non trovino spazio. Insieme possiamo spezzare il silenzio, perché ogni vita è preziosa e merita di essere vissuta con dignità e rispetto. Il cambiamento inizia da noi: cosa stiamo aspettando?