Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

20/11/24 ore

Lubo, di Giorgio Diritti. Tratto dal libro ‘Il Seminatore’ di Mario Cavatore


  • Giovanna D'Arbitrio

Presentato in concorso alla 80ª Mostra d'arte cinematografica di Venezia, Lubo, film diretto da Giorgio Diritti, è tratto dal romanzo di Mario Cavatore Il Seminatore (Ed. Einaudi).

 

Il libro viene così presentato: “Nel 1939 è attiva in Svizzera l'Opera bambini della strada, un'organizzazione che, col pretesto di svolgere un'opera umanitaria a favore dell'infanzia derelitta, mira a sradicare il fenomeno del nomadismo. I bambini nomadi vengono strappati alle famiglie e rinchiusi in istituti o dati in adozione. Quando Lubo Reinhardt, zingaro naturalizzato, riceve la notizia che i suoi figli sono stati presi dalla polizia e che la moglie, tentando di opporsi, è stata uccisa, decide di vendicarsi. Si appropria di una nuova identità e diventa un Don Giovanni involontario e involontariamente politico. Il suo piano è inseminare il maggior numero di donne svizzere. Dal seme di quel primo sopruso germina altra violenza, che dura nel tempo, con una tenacia oscura”.

 

Il film si attiene nel complesso alla trama del libro e racconta una storia di Lubo (Franz Rogowski), ambientata in Svizzera prima dello scoppio della II guerra mondiale. Lubo, un nomade del popolo Jenisch, è un artista di strada dal carattere forte e allegro, molto legato alla moglie Mirana e ai suoi tre figli.

 

Nel 1939 all’improvviso viene reclutato come soldato per proteggere i confini da un'eventuale invasione tedesca. Come se non bastasse, un giorno viene a sapere che in sua assenza la polizia ha preso i suoi tre figli per portarli in un orfanatrofio e che sua moglie è morta nel tentativo di impedirlo.

 

In effetti all’epoca era in atto il Kinder der Landstrasse, un programma razzista mirante a sradicare cultura e tradizioni degli jenisch. Da quel momento per Lubo il senso della vita cambia e comincia a perseguire un unico obiettivo: ritrovare i figli e vendicarsi. Si trasforma, pertanto, in un seduttore e ingravida molte donne per reagire contro lo Stato che vuole impedire al suo popolo di riprodursi.

 

Nelle note di regia si legge: “Il romanzo “Il Seminatore” di Mario Cavatore, da cui prende liberamente riferimento il progetto di questo film, inizia con l’incipit “gli zingari sono sempre stati un problema”. Lo scontro etnico, la paura del diverso, sono ancora oggi al centro di episodi della cronaca di tutti giorni ed è evidente quanto le differenze razziali o religiose costituiscano elemento di scontro e rappresentino la più forte minaccia alla stabilità delle relazioni tra le persone e i popoli.

 

La lettura del romanzo mi ha svelato una vicenda storica poco conosciuta di persecuzione nei confronti di una minoranza nomade, gli Jenisch, a cui vennero sottratti i figli al fine di “rieducarli” in un periodo storico compreso tra gli anni ‘30 e gli anni ‘70. Le stime sulle ricerche parlano di circa 2000 bambini. Ciò mi è apparso inquietante e particolarmente stridente per un paese democratico e civile come la Confederazione Elvetica, sovente citata come “esempio virtuoso” nel rapporto tra i cittadini e le istituzioni.

 

Mi sono chiesto, cosa avrei fatto, come avrei agito subendo una violenza così grande. Avrei reagito contro lo Stato con violenza? Lubo, a cui “rapiscono” i bambini e uccidono la moglie è un uomo solo che improvvisamente si trova in guerra con il mondo, non accetta e lotta contro questa folle discriminazione, vuole ritrovare i suoi figli e cerca nel volto delle varie donne che incontra il volto di sua moglie. Vuole ricostruire un futuro possibile esprimendo anche il suo desiderio di amare, di ritrovare e credere comunque nell’amore”. (da Coming Soon)

 

Ancor oggi si fa fatica a credere che ciò sia accaduto in Svizzera ed è chiaro l’intento del regista che con questo film ci invita a riflettere e a stare in guardia, poiché anche in democrazie ritenute solide può attecchire il seme di un aberrante razzismo.

 

Un film interessante che si avvale di un buon cast includente Franz Rogowski, Christophe Sermet, Joel Basman, Valentina Bellè, Oliver Ewy, Noémi Besedes, Cecilia Steiner, Filippo Giulini, Jörg Reichlin. La sceneggiatura è diGiorgio Diritti e Fredo Valla, la fotografia di Benjamin Maier, le musiche sono di Marco Biscarini.

 

Giorgio Diritti, regista, sceneggiatore e montatore, è autore di molti documentari e cortometraggi, nonché di alcuni film di successo come Il vento fa il suo giro (2005), L'uomo che verrà (2009), Un giorno devi andare (2013), Volevo nascondermi (2020).

 

Ecco il trailer del film (da Coming Soon)

 

 


Aggiungi commento