Presentato in concorso al Festival di Venezia 2022, Gli orsi non esistono (No Bears), scritto e diretto da Jafar Panahi, ha vinto il Premio speciale della Giuria, benché il regista non fosse presente per l’arresto subito lo scorso giugno dopo aver manifestato contro il regime iraniano. Ancora oggi coinvolto nelle proteste del proprio popolo per la morte di Masha Amani, Panahi combatte con le sue opere offrendo la sua coraggiosa testimonianza.
La realizzazione del suddetto film ha qualcosa davvero di miracoloso, un prodotto tipico del cinema clandestino in cui il regista racconta di trovarsi in un villaggio al confine della Turchia, lavorando a distanza sulla storia di una coppia che vuole sfuggire dall’Iran con passaporti falsi, una situazione inventata che comunque s’inserisce nella realtà di tutti giorni.
La pellicola, in effetti, racconta due storie in parallelo, una ambientata in Turchia con una donna iraniana che cerca di emigrare in Europa, e un'altra che si svolge in Iran dove un regista, interpretato proprio da Jafar Panahi, dirige a distanza il suo nuovo film.
Nelle note preparate per la stampa, il film viene descritto come il racconto di “due storie d’amore parallele. In entrambe, gli innamorati sono tormentati da ostacoli nascosti e ineluttabili: la forza della superstizione e le dinamiche del potere”. Purtroppo non è giunta a Venezia la voce di Panahi, rinchiuso in carcere, ma al Festival erano presenti la protagonista, Mina Kavani, da anni residente a Parigi, e il tecnico del suono Reza Heydari, questa volta anche attore nel film.
"Vivo da quasi 12 anni a Parigi e da 9 non torno in Iran. Lavorare con un autore iraniano che vive nel mio Paese, è stato un sogno diventato realtà - ha affermato Mina Kavani - (…) Abbiamo interagito a distanza, sono rimasta però impressionata come in realtà fosse sempre presente. Via zoom o con messaggi whatsApp era sempre estremamente preciso nelle sue indicazioni. Era sempre concentrato e consapevole di quello che voleva da ognuno di noi. Alla fine è stata una normale relazione con un regista. C’è una scena in cui mi sono messa a piangere e lui mi ha corretta, dicendo che il mio personaggio doveva essere forte, pronta a fare la rivoluzione. Tutto attraverso il telefono. Vedeva ogni scena mandata via computer e poi subito dava le sue indicazioni".
“Il suo intervento a distanza non ha riguardato naturalmente solo la recitazione, ma anche ogni aspetto legato alla messa in scena - ha spiegato Reza Heydari - (…) Era tutto gestito da lui. Per quanto riguarda le riprese in Iran, invece, è stato molto difficile. Avevamo sempre paura che venissero le autorità a interrompere le riprese e avessimo tanto lavorato per niente (…) per cui a un certo punto Jafar Panahi ha deciso di iniziare a girare con lo smartphone mandando qualcuno nel villaggio, con una troupe assolutamente molto ridotta. Neanche io, come tecnico del suono, ero presente. Alcune scene le abbiamo girate molto vicino al confine con la Turchia, in uno dei momenti più difficili. Eravamo tutti in una macchina sola, compresi gli attori. Abbiamo girato durante la notte, con pochissime luci, rischiando di finire nel precipizio e lasciarci la pelle. Tutto per non essere identificati. Ma per fortuna è andata bene” (da Coming Soon)
Senz’altro un film interessante, scritto e diretto dallo stesso Jafar Panahi, che recita anche nel film insieme a Naser Hashemi, Vahid Mobaseri, Bakhtiar Panjei, Mina Kavani, Reza Heydari. Notevole la fotografia di Amin Jafari.
Tra i film del regista ricordiamo: Il palloncino bianco (Badkonake Sefid, (1995), Lo specchio (Ayneh, 1997), Il cerchio (Dayereh, 2000), Oro rosso (Talaye Sorkh, 2003), Offside (2006) This Is Not a Film (2011), Closed Curtain (2013), Taxi Teheran (2015), Tre volti (Trois Visages) (2018).
Ecco il trailer ufficiale del film (da Academy Two)