Disponibile su Netflix, Elegia americana (Hillbilly Elegy), diretto da Ron Howard, è un biopic tratto dall'omonimo best-seller di J. D. Vance che descrive il percorso di una famiglia attraverso tre generazioni. Il film ha ottenuto 2 candidature a Premi Oscar, 1 candidatura a Golden Globes, 2 candidature a Critics Choice Award, 2 candidature a SAG Awards.
Il libro, pubblicato in Italia da Garzanti, è così presentato: “I nonni di J.D. sono sporchi, poveri e innamorati quando emigrano giovanissimi dalle regioni dei monti Appalachi verso l’Ohio nella speranza di una vita migliore. Ma quel sogno di benessere e riscatto è solo sfiorato, perché prima di diventare uomo il loro nipote lotterà a lungo con la miseria e la violenza domestica: una madre tossicodipendente, patrigni nullafacenti che si susseguono uno dopo l’altro, vicini di casa alcolisti capaci solamente di sopravvivere con i sussidi e lamentarsi del governo, in una regione in cui i tassi di disoccupazione sono sempre più alti e l’abbandono scolastico è alle stelle. Eppure quella che J.D. Vance racconta senza indulgenza ma con un amorevole orgoglio di appartenenza non è l’eccezione ma è la storia, in filigrana, di un Paese intero, di quel proletariato bianco degli Stati Uniti che nelle recenti elezioni presidenziali ha espresso la sua frustrazione portando alla vittoria Donald Trump. Elegia americana celebra un’America silenziosa e dà voce a quella classe operaia dei bianchi degli Stati Uniti più profondi che un tempo riempiva le chiese, coltivava le terre e faceva funzionare le industrie. Quel mondo non c’è più, al suo posto solo ruggine e rabbia. E J.D. Vance diventa così il cantore, brutale e appassionato, dell’implosione di un modello, di un’idea. Di un sogno che è stato a lungo anche il nostro”.
Il film si attiene al libro (almeno nella trama) nel raccontare la storia di J.D. Vance (Gabriel Basso), ex marine e studente di legge a Yale, che sul punto di ottenere un lavoro a lungo agognato, deve accorrere al capezzale della madre (Amy Adams)tossicodipendente, ricoverata in ospedale. I ricordi del passato affollano la sua mente e numerosi flashback mostrano le difficoltà della sua infanzia e adolescenza, quando sia lui che la sorella erano stati costretti a subire stranezze e violenze di una madre instabile e spesso drogata.
Ricorda con affetto particolare sua nonna Mamaw (Glen Close), donna forte e intelligente che si è sempre occupata di lui, sottraendolo all’influsso negativo della madre per la quale tuttavia ha sempre provato un profondo affetto: un viaggio nel passato che lo porta a comprendere e accettare la propria famiglia, un percorso di sopravvivenza e finale riscatto.
Mentre il film punta forse più su buoni sentimenti e american dream, il libro di J.D. Vance appare soprattutto come una lucida biografia di un uomo cresciuto tra Kentucky e Ohio dove la classe operaia, un tempo democratica, è divenuta poi trumpista per rabbia accumulata in due generazioni di hillbilly (letteralmente 'cretini delle montagne').
“C’è una componente etnica sullo sfondo della mia storia- afferma nel libro l’autore - Nella nostra società fondamentalmente ancora razzista, il vocabolario non va quasi mai al di là del colore della pelle: parliamo di «neri», di «asiatici» e di «bianchi privilegiati». A volte queste macro categorie sono utili, ma per capire la mia storia personale dovete entrare nei dettagli. Sì, sono bianco, ma non mi identifico di sicuro nei WASP, i bianchi anglosassoni e protestanti del Nordest. Mi identifico invece con i milioni di proletari bianchi di origine irlandese e scozzese che non sono andati all’università. Per questa gente, la povertà è una tradizione di famiglia: i loro antenati erano braccianti nell’economia schiavista del Sud, poi mezzadri, minatori e infine, in tempi più recenti, meccanici e operai. Gli americani li chiamano hillbilly (buzzurri, montanari), redneck (colli rossi) o white trash (spazzatura bianca). Io li chiamo vicini di casa, amici e familiari”.
Malgrado i riconoscimenti ottenuti, il film di Ron Howard non è stato da tutti apprezzato, anche se si avvale di una buona sceneggiatura (Vanessa Taylor) e di ottimi interpreti tra i quali emerge senz’altro Glen Close per la sua magistrale interpretazione di Mamaw.
Ecco il trailer ufficiale del film (da Netflixs Italia)