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24/11/24 ore

Non odiare, di Mauro Mancini. Antisemitismo, tra passato e presente


  • Giovanna D'Arbitrio

Presentato il 7 settembre 2020 in anteprima alla 77ª Mostra internazionale d'arte cinematografica di Venezia, Non odiare, film d’esordio di Mauro Mancini, a quanto pare trae spunto da un fatto di cronaca avvenuto nel 2010 a Paderborn, in Germania, dove un chirurgo ebreo si rifiutò di operare un uomo con un tatuaggio nazista.

 

In effetti il film racconta la storia di Simone Segre (Alessandro Gassman), chirurgo di origine ebraica, figlio di un superstite dell’Olocausto, nonché collaborazionista dei nazisti per sopravvivere.

 

Un giorno mentre voga tranquillamente in canoa, Simone assiste ad un incidente stradale e corre a soccorrere il guidatore ferito gravemente: quando scopre sul suo petto una svastica tatuata, decide di non prestargli soccorso e di lasciarlo morire. 

 

Preso dai sensi di colpa, cerca poi di rintracciare la famiglia dell'uomo, composta dalla figlia maggiore Marica (Sara Serraiocco), il piccolo Paolo(Lorenzo Buonora) e Marcello (Luka Zunic), adolescente neonazista e razzista che con violenza rifiuta il suo aiuto. 

 

Marica accetta il lavoro di colf in casa sua e così le vite dei tre giovani e quella di Simone s’intrecciano attraverso episodi ed esperienze che spazzeranno via odi razziali, presenti e passati dall’animo dei protagonisti. 

 

Molto significativa e crudele la scena iniziale che fa da prologo alla storia: sulla riva di un fiume Simone, bambino, guarda una scatola piena di gattini, mentre il padre lo invita a sceglierne uno prima di rinchiuderli in una busta di plastica e buttarli in acqua. Una triste lezione sulla vita che secondo il padre “non consente sempre di scegliere e che spesso costringe a cattive azioni”, una lezione scaturita dal suo tragico passato, quando come ebreo collaborazionista forse era stato costretto a scegliere chi salvare e chi far uccidere. 

 

Su quello stesso fiume, diversi anni dopo, mentre Simone voga in canoa, un incidente stradale lo costringerà a guardarsi dentro e a superare dolore e rabbia, la stessa rabbia che affligge il feroce cane del padre lasciatogli in eredità insieme alla strana casa messa ora in vendita, una casa piena di ombrelli, bottoni ed altri oggetti sottratti dai nazisti agli ebrei al loro ingresso nei campi di concentramento.

 

Senz’altro un buon film, originale e privo di retorica, che sollecita riflessioni su vecchio e nuovo antisemitismo, nonché su razzismo e violenza in genere, fenomeni da sorvegliare con attenzione.

 

Notevoli sceneggiatura di Davide Lisino e Mauro Mancini fotografia di Mike Stern Sterzyński, musiche di Pivio e Aldo De Scalzi

 

Ecco un’intervista a regista e cast (da cominngsoon).

 

 


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