Il 5 novembre La7 ha trasmesso il film-documentario di Michael Moore Fahrenheit 11/9, già apparso sul grande schermo per soli tre giorni a partire dal 22 ottobre. L'anteprima in esclusiva suLa7, senza dubbio, ha coinvolto un più ampio numero di spettatori informandoli in modo dettagliato su Trump prima delle elezioni di midterm che si sono tenute il 6 novembre 2018.
Mentre negli Usa gli esiti del voto appaiono contraddittori (come previsto alla Camera i democratici sono ora maggioranza – possono ora avviare l’impeachment -, ma molti seggi senatoriali sono stati strappati dai repubblicani che in questo ramo si sono rafforzati), La7 con il documentario ha rivelato quali siano secondo Moore i fattori che hanno condotto all'elezione di Donald Trump.
Presentato al recente Festival del Cinema di Roma 2018, il film è stato definito come “un affresco liberale e anticonservatore che non prende di mira solo l’amministrazione degli Stati Uniti, ma anche le politiche dei Democratici e dei Repubblicani che hanno portato all’attuale situazione politica”.
Dopo Fahrenheit 9/11, film sul tragico attentato alle Torri Gemelle (vincitore della Palma d’Oro a Cannes2004), Michael Moore in Fahrenheit 11/9 focalizza la sua attenzione sulla vittoria di Donald Trump alle elezioni del 2016
Il nome Fahrenheit fa riferimento al libro di Ray Bradbury, Fahrenheit 451, la temperatura alla quale i libri bruciano e con essi anche la libertà. S’ ispirò al libro anche François Truffaut nel suo omonimo film.
Il documentario inizia il 9 novembre 2016 con la nomina di Trump a Presidente degli USA, definito sulla locandina del film "tiranno, bugiardo e razzista”. Secondo il regista desta meraviglia il successo di Trump che all’inizio della campagna elettorale non godeva di molti consensi. Con amarezza, anche se in modo ironico, Moore evidenzia gli errori della campagna elettorale del Partito Democratico, considerato il vero responsabile della vittoria di Trump.
Per mettere in rilievo il malgoverno di politici corrotti e senza scrupoli, in aggiunta il regista si sofferma sui gravi problemi dell'acqua di Flint, contaminata dal piombo che ha arrecato danni alla salute di migliaia di bambini nel Michigan.
Infine Moore si chiede se gli Usa potranno mai uscire dall’attuale situazione politica e auspica un riscatto nazionale realizzabile forse con l’impegno dei movimenti giovanili, come quelli sorti dopo il massacro alla Marjory Stoneman Douglas High Schoolche chiedono un maggior controllo sull’acquisto di armi per uso personale.
Colpisce la parte iniziale del film in cui si afferma che, benché in USA il numero di democratici e progressisti superi quello dei repubblicani, il sistema elettorale li penalizza a causa del principio “the winner takes all” (il vincitore prende tutto), principio secondo il quale il numero di delegati predomina sulla quantità di voti espressi dal popolo. Così è accaduto che Hilary Clinton non sia diventata presidente, anche se aveva avuto più voti espressi dal popolo, rispetto a D. Trump.
Ecco un’intervista al regista (dal sito Movieplayer.it).
Giovanna D’Arbitrio