“Tutto su mio padre” è il film fatto da Fabiana, figlia di Fabio Sargentini, che è quello che ti puoi immaginare che sia, la biografia artistica del più grande gallerista che abbiamo. Una partita a ping-pong tra Fabio e Marco Lodoli sugli episodi che hanno caratterizzato la sua invenzione straordinaria, l’Attico, un racconto con una serie di vecchi filmati inediti dove si hanno alcuni brevi inserti Fabiana che rievoca le ansie tipiche di una figlia.
Evento unico in un luogo mitico, l’ex Attico a via Beccaria, che ha avuto un ruolo importante e fondante nella costruzione del fenomeno artistico di portata internazionale di cui andrò a parlare.
Un garage abbastanza grande posto sotto un condominio: uno spazio perfetto per quello che vi si doveva svolgere e per la vicinanza di quello che rappresentava a suo tempo piazza del Popolo. Se Fabio Sargentini avesse preso un posto differente, e pertanto simile a tutte le altre gallerie del tempo, sarebbe venuta a mancare tutta l’arte contemporanea dalla fine degli anni ’60 in poi. Quindi molto di quello che si è creato in quello spazio già stava nella testa di Sargentini, già regista di arti applicate prima che lo diventasse ufficialmente quando la sede si è spostata a via del Paradiso dove per l’appunto, in una sala ha un piccolo teatro , sia detto senza togliere nulla al valore degli artisti che ha avuto.
Ritornare a via Beccaria adesso e vedere come era l’Attico è come ricevere un pugno in un occhio, perché è completamente diversa da quello che ricordavamo (.. quando fu allagata da cinquanta mila litri di acqua per fare il mare o da una colata di asfalto spianata da un rullo compressore, riempito di cavalli, ecc.). Suddiviso in una serie di piccoli box disposti su due lati, è diventato un ambiente asfittico, al centro dei quali, nella carreggiata di ingresso, della larghezza di poco più di un’auto, venerdì 10 scorso si è vista la proiezione di “Tutto su mio padre”, straordinario evento di un solo giorno perché ormai è un garage condominiale.
Quello che ci siamo trovati sotto gli occhi, entrando nella vecchia sede dell’Attico a via Beccaria, è un mutamento che sottolinea la caducità non solo dei luoghi ma anche dell’arte, con dei riflessi inequivocabili che venivano rievocati in modo efficace dal film di Fabiana, che riusciva a ridare quell’aura che il luogo e l’arte ivi prodotta avevano, un compito non facile ma che ha saputo ben affrontare.
Non è una considerazione di poco conto, perché gli eventi artistici di cui si parla erano momenti sviluppati in condizioni particolari con gente particolare, in uno spazio performativo che metteva in una differente luce tutto quello che era avvenuto in particolare tempo storico irripetibile. Non più quadri appesi al muro o sculture sul piedistallo ma lo spazio conquistato da forme che ne occupavano tutta la superficie.
Da qui la genialità della scelta di via Beccaria, una galleria di arti applicate, uno spazi che per dimensioni ha spettacolarizzato il nuovo che stava avvenendo, un grande palcoscenico della rottura con il passato, della grande provocazione e laboratorio che implementava come soggetto nuovo che irrompeva nella scena lo stesso spettatore come era il teatro Off.
Il film ovviamente rievoca la carriera di Fabio Sargentini, una scelta che per Fabiana è azzeccata perché di sicuro successo e infatti l’affluenza di pubblico non è mancata e stava lì a confermarlo: buona parte degli invitati non era nemmeno riuscita ad entrare, tanto era pieno, e molti stavano per strada.
Questo evento ha fatto capire che il mezzo del film, la possibile ripetibilità visiva di momenti che il tempo non può restituire, offre la possibilità migliore che ci sia per assimilare l’arte contemporanea, specie quella che ha a che vedere con le rappresentazioni estemporanee che hanno caratterizzato gli artisti esposti da Sargentini come: Pascali, Kounellis, De Dominicis, Ontani, Merz, Lewitt, Oppenheim, Tinguely, Trisha Brown, Philip Glass, ecc. Un effetto “ripetizione” dell’irripetibile per quaranta cinque minuti, il tempo della pellicola, che a distanza di molti anni ci ha reso partecipi di quegli eccezionali episodi.
Torno a dire della caratteristica della caducità, perché, se le opere che Fabio Sargentini ha esposte nei musei del mondo non avessero a sostegno filmati e fotografie, le parole scritte dal critico d’arte (anche il migliore che ci sia) non basterebbero a confermarne la validità.
Ben venga la documentazione fotografica e filmica, tracce che offrono le testimonianze necessarie a capire quello che è successo, perché in seguito alla inevitabile scomparsa dei soggetti che le hanno prodotte avremmo grosse difficoltà interpretative. Da questo punto di vista il cortometraggio o film di Fabiana Sergentini resterà un cult dal quale non si potrà prescindere.
Ricordo anche che esso cade in concomitanza con la scomparsa di Kounellis, che dell’Attico è stato uno dei maggiori esponenti e di cui si è vista esposta la foto della performance con i cavalli. Importanti sono i commenti di Achille Bonito Oliva, Marco Lodoli, Michelangelo Pistoletto, Luigi Ontani e altri famosi personaggi amici di Fabio.
Insomma, un evento che sembra ironicamente conclamare che, Fabiana, è figlia regista del padre regista che a sua volta è stato regista dell’arte applicata.
Tutto su mio padre
Film di Fabiana Sargentini
Ex Attico
Venerdi 10 Marzo 2017
Via Beccaria 22 Roma