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23/11/24 ore

Fiore: galeotto fu il lettore mp3


  • Paolo Izzo

Il primo vero istante in cui lo smarrimento sembra diventare speranza è quando Daphne infila gli auricolari e partono le inconfondibili note di Vasco Rossi e della sua "Sally". Fino a quel giorno la imbronciata adolescente ha rapinato, ha dormito alla stazione, è stata inseguita e acciuffata dai poliziotti, ha fatto a botte con le compagne di cella del carcere minorile dove è stata reclusa e le "secondine" le hanno già fatto il primo rapporto per cattiva condotta.

 

Quando, però, suo padre le porta il sospirato lettore mp3 e le voci e i rumori di sbarre vengono coperti, è anche il momento in cui nasce il più bello e vero sorriso sul volto della giovane interprete di "Fiore”, Daphne Scoccia. Perché dietro quelle parole e quella musica c’è, forse, una intravista possibilità: di innamorarsi, di fuggire, di cambiare vita. 

 

Il nuovo film di Claudio Giovannesi, da poco proiettato fuori concorso a Cannes nella "Quinzaine des réalisateurs”, da domani nelle sale di Roma e Milano e dalla prossima settimana nel resto d'Italia, è il bel racconto di una svolta. Prima nell’idea che anche in un deserto possa nascere un fiore, appunto, e poi nella puntuale rappresentazione del passaggio dall’adolescenza all’età adulta che, anche quando viene forzato e falsato da condizioni sociali o identificazioni… ereditarie, deve ritrovare comunque il suo tempo naturale.

 

Come l’amore che sboccia tra i due novelli Paolo e Francesca, che osano scriversi e innamorarsi, pur condannati alla distanza e all’appiattimento del carcere, e che possono finalmente danzare insieme quando capodanno li sorprende reclusi; o come la marea della vita, che può risalire prepotente anche dopo essersi inabissata nel buio della disperazione.

 

 

In “Fiore” c’è anche la borgata di periferia, purtroppo ancora fertile humus di piccola e grande criminalità, dove la galera si tramanda di padre (il bravo Valerio Mastandrea) in figlia e c’è anche la prigione, certo, con i suoi colori lividi e con quelle mai abbastanza denunciate s-torture tutt’altro che rieducative, dove la solidarietà tra detenuti si fa spazio anche dopo scontri feroci e il “sistema”, quando reprime e basta, diventa il principale nemico.

 

Tuttavia il film di Giovannesi, con il suo racconto rigoroso sul “dentro” e nuvoloso sul “fuori”, è sicuramente speranza in una qualsivoglia trasformazione, che sia intima o “pubblica”: anche a costo di farsi spegnere sulle labbra un sorriso liberatorio per tornare a uno sguardo doloroso, vale la pena - sempre - di rischiare di vivere e di “essere speranza”, come ripeteva ossessivamente Pannella.

 

 

A quanto è già stato scritto sul film su Agenzia Radicale, si può aggiungere che forse chi, come detenuti, detenenti e Radicali - o come lo stesso attore che interpreta Josh (Josciua Algeri), che ci è passato - conosce più da vicino la realtà carceraria, potrà meglio interpretare i molti e scomodi segnali che “Fiore” lancia a chi potrebbe migliorare quelle difficili condizioni.

 

Per qualcun altro, che magari pensa ancora che “buttare la chiave” possa essere la soluzione, tornano in mente altri versi di Vasco Rossi: «Se siete ipocriti abili, non siete mai colpevoli / Se non state mai coi deboli e avete buoni stomaci / Sorridete! Gli spari sopra, sono per noi!».

 

 


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