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20/11/24 ore

Mia Madre di Nanni Moretti



Erano gli anni ‘90 quando Nanni Moretti cominciò a imprimere una svolta più "intimista" a film come  Caro diario, Aprile, La stanza del figlio e il recente Mia madre. Nel 1996 in piena crisi post-sessantottina e crollo di ideologie, apparve sugli schermi Aprile, spesso ricordato per la nota frase detta dal regista mentre guarda la Tv con sua madre - D’Alema, di’ qualcosa di sinistra -, nonché per l’ amarezza generata in lui dal masochismo autodistruttivo della sinistra che lo porta in quel momento a distaccarsi dalla politica e a concentrarsi  maggiormente sulla prossima nascita del figlio.

 

In "Mia madre" la storia inizia su un set cinematografico dove Margherita, la regista, sta girando un film sul mondo del lavoro con operai in sciopero, scontri con la polizia e pestaggi: un lavoro stressante il suo, reso più difficile da un eccentrico attore americano e soprattutto dalla sofferenza nel vedere sua madre in fin di vita in ospedale.

 

Benché i problemi della vita quotidiana siano tanti, ella l’assiste con affetto insieme al fratello Giovanni, un ingegnere che ha chiesto "l’ aspettativa" dal lavoro per una pausa di riflessione sulla propria vita.

 

Come nel film "Aprile", anche in "Mia madre" la dimensione politica sembra aver perso importanza rispetto ad affetti e sentimenti: l’unica realtà che sembra prevalere su tutto e tutti è la figura della madre morente, un’onesta e brava insegnante (interpretata magistralmente da Giulia Lazzarini), stimata e amata da figli, nipoti e alunni.

 

Gli altri personaggi appaiono depressi, insicuri e soprattutto  inadeguati: ciò appesantisce anche la recitazione (peraltro non sorretta da una sceneggiatura molto incisiva) che ci offre una Margherita Buy sempre più confusa e balbettante, poco credibile nel ruolo di regista, un John Turturro a disagio nei panni dell’attore smemorato per Alzheimer incombente, un Nanni Moretti che recita quasi dietro le quinte nel ruolo di Giovanni, ma che in realtà è presente in tutti i personaggi usati spesso come portavoce delle sue idee.

 

Senza dubbio un film sulla vita quotidiana non consente allo sceneggiatore voli pindarici, ma colpisce davvero il disagio psicologico dei personaggi negli scarni dialoghi che sottolineano insicurezza e  insoddisfazione causate da un deludente presente, nonché il desiderio di "svolte", di "rottura di schemi" per il futuro.

 

Paradossalmente è proprio la madre morente quella più serena, dolce e sensibile, forse perché soddisfatta per aver vissuto bene la sua vita, con coerenza, amore e dignità.

 

Un film che non è probabilmente tra le opere migliori di Moretti, un film tra l’altro che parteciperà al Festival di Cannes insieme a "Tale of Tales" di M. Garrone e  "La Giovinezza" di P. Sorrentino.

 

Giovanna D’Arbitrio  

 

 


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