Il film di Pupi Avati "Un Ragazzo d’Oro", inizia con un flashback in bianco e nero in cui un padre incoraggia il figlio a superare un ostacolo, poiché "insieme loro due sono imbattibili": è una scena che riaffiora talvolta nei ricordi di Davide Bias (R. Scamarcio). Purtroppo i tempi cambiano e trasformano le persone: ora Davide non stima più il padre, Achille, anzi lo disprezza per aver tradito il sogno di diventare uno scrittore, diventando uno sceneggiatore di volgari B movies.
Anche Davide ama la scrittura, ma non riuscendo a scrivere un libro, si accontenta di comporre racconti brevi che nessun editore vuole. Combatte insoddisfazione e disagio esistenziale con psicofarmaci, l’aiuto di Silvia (C. Capotondi), la sua ragazza, e dell’ anziana madre (G. Ralli).
Quando suo padre muore all'improvviso in un incidente automobilistico, dalle indagini emerge che probabilmente si è suicidato. Davide è sconvolto e cerca di capire chi fosse veramente l'uomo che per anni aveva tanto disprezzato. Al funerale incontra Ludovica (S. Stone), un’ affascinante amica del padre: ella lo prega di cercare un libro che Achille stava scrivendo per affidarlo alla casa editrice da lei diretta. Una ricerca frenetica, senza un attimo di tregua e senza aiuto di farmaci, condurrà Davide alla verità, ma anche al tracollo emotivo: chiuso nello studio paterno, si pettina e si veste come lui, rivive le sue abitudini, il suo lavoro, i suoi amori e alla fine scopre dagli scritti di Achille sul computer che suo padre non aveva mai smesso di amarlo e che era stato vittima di avidi cineasti i quali alteravano le sue sceneggiature per far film di cassetta.
Non trovando il libro segnalato da Ludovica, comincia a scrivere un’autobiografia del padre e ne consegna via via a Ludovica i capitoli fingendo di trovarli sul computer : riuscirà così a scrivere un libro di cui il padre risulterà autore e che avrà grande successo, rivalutando l’ immagine paterna.
Purtroppo insieme ai sentimenti e alla vena creativa, anche l’alienazione riesploderà in lui con tutta la sua forza. Ricoverato in una casa di cura, sceglierà di restarvi per il resto della sua vita: gli basta aver dimostrato di essere un bravo scrittore e nello stesso tempo di aver ritrovato il suo amore di bambino per quel padre che gli ripeteva spesso "insieme saremo imbattibili". Rifiuta una società focalizzata su potere e denaro che distrugge sentimenti e veri talenti umani, genera incomunicabilità e instabilità psichica, premia mediocrità e volgarità: là paradossalmente tra i matti egli ritroverà il suo equilibrio nella rassicurante routine di un contesto privo di sterili competizioni. Una conclusione amara che colpisce lo spettatore in attesa di un "happy ending".
In un’intervista il regista ha ammesso gli elementi autobiografici presenti nel film (suo padre è morto in un incidente stradale) e poi ha affermato: - Le storie che porto al cinema provengono molto spesso dalla vita vissuta. Ci sono molti figli che si sentono ingiustamente eredi, depositari di questo ruolo ingrato, chiamati a compensare le figure paterne, a risarcirle per i riconoscimenti che non avevano avuto in vita e molto spesso si ritrovano ridicolizzati da questa condizione patetica dettata da un eccesso di ammirazione e di sudditanza che forse certi genitori non avrebbero meritato. Il film si pone questo bellissimo interrogativo: credi che tuo padre avrebbe fatto per te la stessa cosa che tu hai fatto per lui? Così questo ragazzo regala la propria vita a un padre che per lui non fece nulla: si tratta di un atto d’amore totale che giustifica pienamente la definizione di "ragazzo d’oro" -.
Giovanna D’Arbitrio