Il film di Bill Condon, "Il Quinto Potere", ricostruisce il rapporto tra Julian Assange, già gestore e fondatore di Wikileaks e il suo socio, il tedesco Daniel Domscheit-Berg, rapporto conclusosi nel 2010 per profonde divergenze sul modo di utilizzare la nota piattaforma digitale che in pochi anni riuscì a divulgare una serie di sconvolgenti segreti che colpirono alta finanza e politica a livello internazionale, avvalendosi di anonimi informatori sparsi in tutto il mondo.
La narrazione si basa su due libri, “Inside Wilileaks” del suo ex collaboratore, e “Wikileaks” di David Leigh e Luke Harding, due giornalisti del Guardian, il giornale inglese che aiutò Assange a pubblicare scottanti informazioni sulla guerra in Afghanistan.
Bill Condon (già famoso per film come Dreamgirls, Kinsey, Demoni e Dei e Twilight Saga) ci offre un’immagine piuttosto ambigua del personaggio Assange: da un lato lo dipinge come un idealista che combatte per la libertà d’informazione con lo slogan “il coraggio è contagioso”, dall’altro ne evidenzia bugie, mistificazioni e mancanza di scrupoli nella gestione delle notizie.
Avvalendosi di una frase di Oscar Wilde citata da Assange, “date ad un uomo una maschera e vi dirà la verità”, il regista mette in evidenza la rivoluzione generata dalle nuove tecnologie nel campo dell’informazione e dell’attivismo online. Nello stesso tempo, tuttavia, condividendo i dubbi di D. Domscheit- Berg, sembra condannare un tipo di informazione non sempre attendibile e verificabile e per di più con conseguenze imprevedibili e pericolose, capaci di alterare delicati equilibri internazionali.
Anche se lo sceneggiatore, Josh Singer, ha cercato di contattare testimoni diretti e opinionisti e l’attore tedesco D. Bruehl ha voluto incontrare Daniel per meglio documentarsi sui fatti, Assange tuttavia si è mostrato molto insoddisfatto ed ha pubblicato una mail inviata all’attore Benedict Cumberbatch (che ben lo incarna sullo schermo) nella quale afferma: “Io credo che tu sia una brava persona, ma non è un buon film quello che hai interpretato e scelto: si basa su una sceneggiatura “tossica”, ti sei affidato a persone il cui scopo primario è distruggere e rimuovere tutto il lavoro fatto da Wikileaks”.
Il film è comunque da vedere, anche se ci si aspettava qualcosa in più. La narrazione è inizialmente noiosa e caotica per immagini, notizie, personaggi e luoghi presentati quasi in sovrapposizione con sottotitoli troppo veloci e di difficile lettura, ma poi diventa gradualmente più interessante e coinvolgente, lasciando alla fine gli spettatori sempre più avviliti per i terribili segreti che minacciano l’umanità: in effetti le recenti notizie sul Datagate ci fanno costatare che le conseguenze dell’ 11 settembre e la crescente paura di attentati terroristici stanno limitando il diritto alla privacy non solo di “addetti ai lavori” come i politici o gli esponenti dell’alta finanza presentati in "Quinto Potere", ma di comuni onesti cittadini spesso spiati senza motivo.
Il messaggio conclusivo del film sul tema della “ricerca della verità”, dovere di ogni individuo non delegabile a nessuno secondo lo stesso Assange, ci lascia ancor più perplessi sul “come” accedere alla verità. Una maggiore diffusione della cultura potrebbe aiutarci a discernere tra vero e falso? Potrebbe essere utile unire all’informazione online anche quella “cartacea” basata su testi di seri studiosi o di onesti giornalisti “investigativi”? Perché non giungere a leggi internazionali più trasparenti e rispettose della libertà dei popoli?
E alla fine ci si chiede: “Una volta svelato ogni intrigo e turpe intrallazzo, quali mezzi ha oggi l’individuo per difendersi da solo?”. Un senso di impotenza pervade l’anima di fronte a tutto ciò e dal confronto con gli amici dopo la visione del film, scaturisce almeno l’auspicio di una sorta di “riscossa culturale ed etica”, una positiva globalizzazione alternativa e costruttiva condotta in tutti i paesi da persone civili, illuminate ed evolute che con le loro idee possano condurre l’umanità verso una crescente consapevolezza per evitare l’ attuale irresponsabile spinta verso il baratro.
Giovanna D’Arbitrio