«Con la morte di Massimo Fagioli, il nostro Paese ha perso un grandissimo psichiatra e un vero genio. Con la sua Teoria della Nascita e con la prassi dell’Analisi collettiva ha dimostrato innanzitutto che la cura della malattia mentale è possibile, anzi necessaria, a partire dall’inconscio; che la ricerca della identità umana, prima che sociale, dovrebbe essere il primo obiettivo delle donne e degli uomini: per se stessi, per il loro rapporto con gli altri e per essere, appunto, umani; che amare significa volere che anche l’altro realizzi liberamente la propria identità.
Ho intervistato Massimo Fagioli tante volte (per Quaderni Radicali e Agenzia Radicale, soprattutto) e altrettante volte l’ho citato sulla maggior parte dei quotidiani e settimanali nazionali, perché la sua teoria - che fortunatamente ci rimane nei suoi testi - aveva la rarissima capacità di cogliere e di spiegare molti aspetti non solo della psichiatria, ma anche della politica, della società e di fornire, perciò, elementi essenziali nelle nostre battaglie per i diritti umani e civili. Personalmente, ho perso anche un caro amico» (P.I.)
Di seguito ripubblichiamo, da Agenzia Radicale del 9 aprile 2010, una intervista a Massimo Fagioli che Paolo Izzo ha realizzato in occasione della edizione (L’Asino d’oro) di “Istinto di morte e conoscenza” a quarant’anni dalla sua prima stampa.
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L’«Istinto» di Massimo Fagioli. Quaranta anni dopo
Quarant’anni fa veniva pubblicato per la prima volta “Istinto di morte e conoscenza”, il rivoluzionario capolavoro di Massimo Fagioli (cui seguirono presto, nel 1974 e nel 1980, tre libri altrettanto importanti per la definizione della teoria fagioliana: “La marionetta e il burattino”, “Teoria della nascita e castrazione umana”, “Bambino donna e trasformazione dell’uomo”). Da quel lontano 1970, il libro con le scoperte dello psichiatra marchigiano sulla realtà umana, dalla “pulsione di annullamento” alla “fantasia di sparizione” alla sanità della nascita, è stato venduto in migliaia di copie, con ben dodici ristampe. Tanto che ormai il lavoro di Fagioli è conosciuto e riconosciuto come “Teoria della nascita”. Dopo quarant’anni, la nuova casa editrice L’Asino d’Oro ripropone in grande stile il primo volume dello psichiatra dell’Analisi collettiva, che non ne ha cambiato nemmeno una virgola, aggiungendovi soltanto una breve appendice, intitolata “La violenza invisibile”. In questa lunga conversazione con Massimo Fagioli, siamo partiti da questa riedizione straordinaria di “Istinto di morte e conoscenza”, in libreria da oggi.
Professor Fagioli, la sua Teoria è immutata e immutabile. Segno che ha funzionato e che funziona. Soprattutto nella sua prassi di “cura per la guarigione” della malattia mentale, attraverso l’interpretazione dei sogni.
I cardini rimangono sempre fantasia di sparizione, pulsione di annullamento e negazione, che impostano tutte le possibilità e la realtà della cura attraverso l’interpretazione dei sogni. Se non c’è questo e invece c’è la cretineria di un Freud che dice che i sogni sono desideri, non si farà mai assolutamente nulla. Il problema era scoprire la negazione, cioè la deformazione delle immagini nel sogno: questa elaborazione nel passaggio tra veglia e sonno, per cui la cosa percepita viene deformata in senso negativo. L’interpretazione dei sogni è questo. Il desiderio invece no, perché conduce alla tragedia del ’68, che diceva di voler liberare il desiderio dalla repressione e che così l’uomo avrebbe raggiunto la felicità. Pura cretineria.
Scoprire la negazione. Nessuno ci aveva mai pensato?
Perché la negazione si può scoprire se si scopre la pulsione di annullamento, che si può scoprire se si scopre la Teoria della nascita. Allora si può interpretare la negazione che porta a una alterazione della realtà, che va dalla “diffamazione”, ovvero credere che uno è brutto e cattivo e invece non lo è, alla schizofrenia di chi ammazza perché pensa che nell’altro ci sia Satana. La matrice di tutto sta nella percezione delirante: il malato è convinto che quello è Satana e quindi lo ammazza; cioè “vedrebbe dentro” l’apparenza del corpo. Lo studio della percezione delirante: altra cosa che nella vecchia psicoanalisi non esiste.
Quarant’anni dopo “Istinto” che cosa è cambiato?
E’ cambiata la storia. Quarant’anni fa c’era il comunismo, che non era stato messo in crisi nemmeno dai fatti del 1956, con Krusciov e la destalinizzazione. In realtà la crisi del comunismo poteva arrivare, ma non era stata vista e forse l’aveva realizzata soltanto Giolitti, che se ne andò… Poi, anche la Chiesa cattolica era diversa: adesso è particolarmente feroce, in particolare sulla identità delle donne, sulla sessualità. Ma a quei tempi era meno feroce, si occupava meno di queste faccende. Sono tanti i movimenti storici, insomma.
Dell’impianto teorico di “Istinto di morte e conoscenza” non è cambiato niente, ma una novità importantissima c’è stata, lei lo afferma spesso, con l’arrivo della Analisi collettiva, con la trasformazione cioè della sua “Teoria della nascita” in una prassi psicoterapeutica. Questo fa la differenza con il 1970?
Come dico sempre e come ho detto anche da poco a “la Repubblica”, non sono io che ho fatto l’Analisi collettiva. Qui c’è da osservare il movimento, chiamiamolo pure popolare, che è l’arrivo di centinaia e migliaia di persone che chiedevano, guarda caso, proprio l’interpretazione dei sogni. Un movimento di massa cui ho risposto, nel senso che non sono scappato. Né per paura, né per impotenza, né tanto meno per mantenere l’identità di studio, segretaria, appuntamenti fissi e onorario individuale. C’è stata la mia risposta a una massa di persone anonime, che io non conoscevo, di cui tuttora non so nemmeno nome e cognome. La ricerca cioè di un rapporto interumano pulito, diretto, per quello che è: non ci si confronta per l’identità sociale, professionale, ma per quella realtà umana che è dialettica tra due identità. Chiaramente io propongo che la mia sia sana e l’altra malata, oppure negante. E questa è la dialettica della cura della psicosi, oppure della formazione di una persona che non è psicotica, ma deve “formare” la propria identità umana. E questa cosa, dopo 35 anni, indubbiamente è riuscita.
Non soltanto è riuscita ma si è anche contrapposta all’idea che il movimento di massa sia sempre, se non terrificante, quantomeno ingestibile…
Perché esisteva soltanto la possibilità di starsene sul lettino a cercare il ricordo cosciente delle cose dimenticate. Per cui stavano lì ore e ore, venti venticinque anni, come hanno confessato Bertolucci e Woody Allen nei loro film, a cercare quello che gli era successo a cinque sei anni di età. Perché c’era l’affermazione categorica che i sogni non erano direttamente interpretabili, cioè che i sogni non avevano linguaggio: erano soltanto ricordi coscienti deformati dalla censura del superio. Questo era il concetto freudiano. Da lì, allora, il mio rifiuto radicale, totale: perché la montatura che fecero su Freud era propria truffaldina. Quello non aveva pensato né scoperto assolutamente niente!
Anche se le radici affondano in suoi scritti precedenti, sulla “percezione delirante” e la “psicoterapia di gruppo”, “Istinto” arrivò all’inizio di anni molto difficili.
Negli anni 60 era cominciato tutto un movimento che doveva sfociare nel grandissimo fuoco di paglia del ’68: c’era, da Marcuse a Foucault, questa strana ideologia di liberare gli istinti e tutto si sarebbe risolto. Una stupidità che non capisco: solo un ubriaco potrebbe sostenere una cosa del genere. Invece io ho sostenuto che ci debba essere la ricerca dell’identità umana. Da sempre, mi viene da dire da tremila e cinquemila anni, si è tenuto fuori il pensiero senza coscienza, che al contrario rappresenta un terzo di vita, cioè 33 anni su 100, come se non fosse realtà umana, come se ci fosse l’idea terribile che andare a dormire, addormentarsi è come morire, perché non c’è pensiero. Nessuna filosofia s’è mai occupata di quel terzo di vita. Soltanto dopo la Rivoluzione francese, ai primi dell’Ottocento, si cominciò a dire che il pensiero senza coscienza c’è, però è inconoscibile! Su questo si è basata tutta la Storia: voler fare una liberazione umana, una emancipazione senza cercare una identità umana che comprendesse anche la realtà e la dinamica fra veglia e sonno. Io dico che se questa non è una fatuità schizofrenica, che cos’è? Invece io sostengo che si deve realizzare un’identità; il principio del piacere verrà dopo. Se non c’è identità, il principio del piacere è ammazzare il prossimo; è quello del maniaco sessuale che prova piacere ammazzando.
Veniamo alla politica?
Stavo rileggendo la risposta che ho dato ad Alessandra Longo su “la Repubblica” di ieri. Il giorno prima la giornalista mi aveva accusato un po’ di essere un “menagramo”, perché chi viene con me andrebbe a finire male politicamente. La Longo correttamente ha pubblicato la mia risposta, in cui confermo invece che Emma Bonino a Roma ha preso un milione e trecentomila voti, più del 50 per cento. Altro che “menagramo”!
Nella risposta a “la Repubblica” risalta ancora una volta la sua distanza netta dal catto-comunismo, che risale appunto ai tempi di “Istinto”…
Lì mi devo un po’ correggere, perché tutto forse risale anche a dieci anni prima, a quegli scritti sulla percezione delirante di cui accennavi tu.
Come si lega il rifiuto del catto-comunismo con le sue scoperte sulla nascita umana? Cioè: per scoprire la fantasia di sparizione, per ideare la sua Teoria è stato necessario rifiutare sia il cattolicesimo, sia il comunismo (e di qui forse l’interessamento dei Radicali). Mi spiega perché?
L’ho sempre saputo e pensato, ma la verbalizzazione è avvenuta soltanto negli ultimi tempi. Perché, sintetizzando, è noto dalla storia che l’inizio del Cristianesimo parte proprio con l’attacco ai sogni, a quello che doveva essere rimasto a Roma della cultura etrusca, che aveva una impostazione di divinazione, di auguri, di aruspici. La prima cosa che fanno con i concili di Ankara del 312 e di Nicea del 325 è di condannare quello che c’era di “etrusco” e in particolare l’interpretazione dei sogni. La cosa viene confermata da sant’Agostino che dice che i sogni esistono e sono mandati da Dio, ma anche dal diavolo e siccome non si può stabilire chi li mandi, allora vanno eliminati, condannati. Così, sotto Teodosio, gli interpreti dei sogni vengono proprio condannati a morte. Questo, dopo l’anno Mille, si svilupperà con la caccia alle streghe e agli eretici, bruciati perché avevano un pensiero originale che non obbediva alla bibbia, ai vangeli, ai dettami della curia, cosa che succede anche oggi. Qui è da osservare che non dicono che non esiste l’inconscio, ma che esso è il male e quindi va combattuto. Ma non dice che non esiste.
Il comunismo invece?
Dopo l’Illuminismo, in cui ugualmente c’era l’idea che il pensiero senza coscienza fosse inconoscibile (“anima spirituale”, eredità di Platone), accade qualcosa soprattutto nel leninismo, ma già a partire da Marx, che annunciava il suo fallimento sulla realtà umana nella famosa “Lettera al padre” del 10 novembre 1837. Nel 1923, dopo la libertà e la rivoluzione sessuale raccontate dalla Kollontaj, Lenin procede con una dura repressione, con la scusa dalla crisi economica, e il comunismo diventa ultra-razionale. Questo porterà poi alla grande potenza di Stalin. In quel periodo viene fuori che tutto ciò che non è coscienza, tutto ciò che non è ragione, prassi positivistica in rapporto soltanto con la realtà materiale, non esiste! Non è più come con la Chiesa cattolica che dice che va combattuto: dice proprio che non esiste, cioè arriva all’annullamento totale. E forse questa è una violenza invisibile molto maggiore di quella della Chiesa cattolica. Perché significa non doversi occupare assolutamente di realtà umana. Significa che non si afferra che la trasformazione non è trasformare il mondo: la trasformazione è quel movimento che passa dalla veglia al sonno (e forse anche dal sonno alla veglia), quando scompaiono veglia, coscienza, comportamento e linguaggio articolato, però il pensiero resta. Al mattino, dopo sette otto ore di sonno, ritorna quell’altro pensiero. E’ qui che bisogna trovare la parola “trasformazione”: allora si trova anche la possibilità di cura, attraverso la trasformazione di immagini, di forme di pensiero, che però contengono una negazione, cioè che non sono rappresentazione della realtà percepita.
Nella fascetta della nuova edizione del suo libro si legge “Il sogno è un pensiero per immagini. Un pensiero non cosciente la cui comprensione può portare ad una ulteriore realizzazione dell’essere umano”…
Appunto. La cosa importante è capire che il pensiero del sonno non è un mondo oscuro di orchi, di streghe, di diavolerie terrificanti. No! E’ un pensiero che si esprime mediante immagini senza linguaggio articolato, che se è malato è basato sulla negazione, sull’orrore, sull’impostazione di distruggere. Se invece è sano, parla, racconta. Tutto sta poi a comprendere questo linguaggio silenzioso. E universale.
Che lei lega alla nascita umana…
E’ lì che parte la trasformazione! Ed ecco l’idea, di cui la Chiesa non vuole sentir parlare perché è darwiniana al cento per cento: il feto non ha vita, è dimostrato anche scientificamente. Ha esistenza. Con il venire alla luce, con questo stimolo dell’ambiente fuori dall’utero e dall’acqua in cui non respira, ma in particolare con il rapporto con la luce, nasce l’essere umano. Comincia la capacità di immaginare e quindi è il feto è trasformato completamente in essere umano, anche se il corpo è più o meno lo stesso. La vera trasformazione è che compare il pensiero e che esso compare dalla realtà biologica! La Chiesa non lo accetterà mai, perché il pensiero deve venire dall’anima, dallo spirito santo, da Dio.
In una recente intervista, Barbara Palombelli ha detto che il suo è un libro fondamentale e che lo dovrebbero leggere tutte le mamme.
Sì, “fondamentale per il rapporto mamma-figlio”. Certo: perché le mamme devono sapere che il figlio ha nascita e identità. Non è identità adulta, non ha la parola, non cammina, però è un’identità. E’ una identità di pensiero. Mentre nella cultura millenaria il bambino al massimo è un animale. Con il conseguente, terribile, battesimo dei cattolici, come se il neonato fosse una bestia che soltanto loro rendono umano. Anche questo le mamme devono sapere: che quella è tutta una violenza, neanche tanto invisibile.
Rapporto mamma figlio, ma poi rapporto uomo donna.
Da qualche tempo, da una decina di anni, abbiamo cominciato a leggere la parola “diverso” in modo nuovo. Quella parola l’ho legata al primo anno, anno e mezzo, di vita senza comportamento, senza parola e cammino. Per cui è un pensiero nascosto, fatto solo di immagini. Che quindi è diverso dalla nostra realtà di adulti… E’ qualcosa che si ricrea nel sonno veglia: la veglia è l’adulto e il sonno è quel primo anno di vita. Dunque c’è una realtà “diversa”, non animale, dentro di noi e questa realtà scatta dopo, quando a due, tre anni cominciamo a vedere la differenza tra il bambino e la bambina… E nel rapporto uomo donna ognuno è diverso dall’altro, non uguale! C’è una uguaglianza di fondo che è l’essere umani. Siamo esseri umani. Però siamo diversi ed è dialettica tra due identità diverse. E questo mi pare abbastanza interessante anche contro il razzismo: le razze non esistono, ma il colore della pelle può essere diverso. E anche lì è una dialettica tra esseri umani, però diversi.
Di fondo l’uguaglianza della nascita…
E la diversità nella formazione dell’identità… Ecco perché poi non sono d’accordo con il comunismo. Perché il comunismo toglie questa diversità dell’età adulta. Per rendere tutti uguali, ma in maniera esterna, formale.
C’era già in Freud, che sosteneva che tutti sono perversi dalla nascita e poi hanno una sessualità incerta, una bisessualità di fondo. Dopo ci si è messa l’antipsichiatria a dire che siamo tutti matti. E nel frattempo il comunismo aveva detto che dovevamo essere tutti uguali, indossare la stessa giacchetta grigia…
Ma è la Bibbia! È il peccato originale, ribadito fino a oggi dalla Chiesa. Il peccato è originale è animalità, perversione, malattia mentale. La matrice è la credenza nel peccato originale.
Mi viene da concludere che la sua vera eresia sia stata quella di mettere l’uguaglianza all’inizio della vita umana, nella nascita, mentre per gli altri è un fine: uguaglianza, ma come omologazione, normalizzazione. Per lei l’uguaglianza della nascita è il punto di partenza.
Esatto. E ognuno poi realizza la propria identità umana come gli pare, nella massima libertà, nella massima diversità.
© Paolo Izzo (Nuova Agenzia Radicale, 9 aprile 2010)
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