Nella giornata di ieri 25 Novembre la città di Roma ha ospitato nel traffico più che mai congestionato il dissenso di chi non si è arreso di fronte al blocco ministeriale del metodo Stamina.
Il Ministro della Salute Beatrice Lorenzin aveva comunicato nel corso della conferenza stampa del 10 ottobre 2013 che il metodo non aveva i requisiti per la sperimentazione, alla luce dell’unanime parere sfavorevole del comitato scientifico istituito. I manifestanti, provenienti da ogni parte d’Italia, hanno chiesto di poter curare i propri malati al grido “Basta vederli morire, vogliamo curarli”.
Momenti di tensione in piazza Montecitorio, quando Sandro Biviano e Roberto Meloni hanno lasciato defluire il loro sangue sulle immagini di Giorgio Napolitano, Enrico Letta e Beatrice Lorenzin: una dura azione dimostrativa dopo giorni di presidio nella stessa piazza. Una parte di corteo, dopo aver sfilato fino a Largo Argentina, si è diretta verso il Lungotevere all’altezza di Ponte Garibaldi e, sotto stretto controllo delle forze dell’ordine, ha dato inizio ad un sit-in sulle strisce pedonali “seduti in strada per la vita”.
Con il blocco del traffico i manifestanti hanno espresso ancora una volta la volontà di essere ascoltati, perché per curarsi “non dobbiamo chiedere per favore”. Se il metodo Stamina rappresenta per i manifestanti l’unica possibilità per garantire a se stessi o ai propri cari una vita dignitosa, il “no ministeriale”, invece, è l’ennesima disillusione nei confronti dello Stato.
Dopo le 14.45 il corteo ha raggiunto piazza Montecitorio in attesa di risposte e di buone notizie. Le porte del Palazzo, però, sono state serrate. I dimostranti pro Stamina, dopo aver rifiutato in mattinata di essere ricevuti senza il Professor Vannoni, Presidente della Stamina Foundation Onlus, hanno ottenuto un secondo incontro in serata, in cui hanno richiesto lo sblocco delle liste d’attesa per i trattamenti e “una interpretazione coerente con lo spirito con cui è stata scritta la legge Turco-Fazio, che permetta le terapie compassionevoli negli ospedali italiani”.
Si è chiusa così una giornata fredda di tramontana che non è riuscita ad ostacolare la lotta per la difesa della libertà di cura, intesa come diritto e non come “reato”.
Ludovica Passeri
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