Il Tribunale di Sorveglianza di Milano ha accolto il ricorso presentato da Emanuele Greco, un detenuto del carcere di San Quirico a Monza, che ha denunciato lo stato della sua detenzione che “si starebbe svolgendo con modalità disumane equiparabili a tortura“.
Emanuele Greco, 40enne, arrestato per diversi reati, inclusa associazione mafiosa, deve scontare 15 anni di reclusione. Sollecitato dai suoi avvocati, egli ha deciso di presentare la richiesta per ottenere “differenti forme detentive”, appellandosi all’art. 147 del Codice penale che, tuttavia, contempla solo l’ipotesi che il detenuto si trovi in cattive condizioni di salute, non compatibili con la cella.
Il Tribunale di Sorveglianza ha deciso pertanto di presentare ricorso presso la Corte costituzionale contro il succitato articolo 147 perché contrario all’art. 27 della Costituzione, dove si afferma che “le pene non possono consistere in trattamenti contrari al senso di umanità e devono tendere alla rieducazione del condannato”.
Circa lo stato in cui versano i detenuti del carcere di Monza, dalla sentenza del Tribunale di Sorveglianza, si apprende che nella cella di 9 metri quadrati del detenuto Greco (che ospita tre persone invece delle due previste dalla capienza) “il bagno non è arieggiato e pertanto è maleodorante e non è fornito di acqua calda; che ai muri vi sono muffe di diversi colori, spazio e ampiezza; che il detenuto istante, in quanto più giovane degli altri, deve dormire su una brandina pieghevole, troppo corta per la sua altezza e sistemata necessariamente sotto la finestra e dunque deve sopportare gli spifferi d’aria; che i due suoi compagni di cella sono anziani e malati e nessuno di loro va all’aria e pertanto la cella è sempre occupata e maleodorante”.
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