Domenica 12 maggio, alle ore 10 a Roma, militanti e dirigenti del Partito radicale ricorderanno presso Ponte Garibaldi il 36° anniversario dell’omicidio di Giorgiana Masi. L’episodio risale al 12 maggio 1977. A Roma, durante una manifestazione musicale organizzata dal Partito radicale in piazza Navona nel terzo anniversario della vittoria nel referendum sul divorzio, una giornata di festa si trasforma in tragedia.
Sull’asfalto di ponte Garibaldi resta una ragazza di 19 anni, Giorgiana Masi, uccisa da un colpo di pistola. L’inchiesta viene chiusa il 9 maggio 1981 dal giudice Claudio D’Angelo con la dichiarazione di non luogo a procedere.
I responsabili del reato sono rimasti ignoti, malgrado la riapertura del caso sia stata più volte sollecitata. Le foto dimostrano il fatto, smentito in un primo tempo, che nelle strade hanno operato agenti delle forze dell’ordine in borghese, travestiti da facinorosi.
L’allora ministro dell’interno Francesco Cossiga afferma in seguito: “Fu un momento drammatico, in cui tra l’altro chiesi scusa al Parlamento, perché mi era stato detto che non vi erano in piazza agenti di polizia o carabinieri in borghese. Io affermai questo. Avendo appreso il contrario, quando gli amici de L`Espresso mi diedero la documentazione fotografica, rimossi dal suo incarico uno che era mio amico e che mi aveva fornito, non per colpa sua, queste informazioni. Poi andai in Parlamento e chiesi scusa”.
Si parla anni dopo anche della possibile responsabilità di personaggi dell’estrema destra o dell’estrema sinistra. Il “pentito” di destra Angelo Izzo dice nel ‘97 che a sparare è stato Andrea Ghira, usando le armi in possesso del gruppo eversivo “Drago”, di cui fa parte. L’anno dopo un quotidiano parla di un rapporto della Digos secondo cui il colpo mortale sarebbe partito da una pistola calibro 22, poi trovata in un covo delle Br. Ma la verità non verrà mai alla luce.
Nel 2001, ancora Cossiga dice: “Non vorrei essere frainteso, ma io dico con estrema onestà che come sia morta Giorgiana Masi non lo so”. Nel 2003, a “Report”, Cossiga fa capire di sapere qualcosa: “Non l’ho mai detto all’autorità giudiziaria e non lo dirò mai, è un dubbio che un magistrato e funzionari di polizia mi insinuarono. Se avessi preso per buono ciò che mi avevano detto, sarebbe stata una cosa tragica. Ecco, io credo che questo non lo dirò mai se mi dovessero chiamare davanti all’autorità giudiziaria, perché sarebbe una cosa molto dolorosa”.
In quegli stessi giorni, l’ex presidente della Commissione stragi Giovanni Pellegrino, parlando dell’argomento, ricorda che “Pannella venne a trovarmi e mi diede una traccia, che io purtroppo non ho potuto seguire fino in fondo. La vicenda rimase un po’ fuori dai nostri accertamenti”. Ma “le affermazioni di Cossiga - ha aggiunto Pellegrino - confermano il quadro che ci ha fatto Pannella. Io credo che già allora si volesse creare in Italia una situazione che poi si determinò nel biennio 92-93”. (radicali.it)
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