Informativa

Questo sito o gli strumenti terzi da questo utilizzati si avvalgono di cookie necessari al funzionamento ed utili alle finalità illustrate nella cookie policy. Se vuoi saperne di più o negare il consenso a tutti o ad alcuni cookie, consulta la cookie policy.
Chiudendo questo banner, scorrendo questa pagina, cliccando su un link o proseguendo la navigazione in altra maniera, acconsenti all'uso dei cookie.

22/11/24 ore

POESÌ di Rino Mele. Corpo felice



“Anziché nutrirsi di una placenta che lo avvolgeva protettivamente, a furia di voltarsi e rivoltarsi aveva schiacciato proprio il cuscino che avrebbe dovuto nutrirlo, In medicina si chiama placenta previa”. Sono le informazioni che nella prima pagina del suo Corpo felice, Rizzoli 2018, Dacia Maraini dà al lettore. Un libro affascinante come un enigma sull’indecifrabilità del dolore. Il manifesto è del 1969, Isolina del 1992. 

 

 

**********************************

 

 


 

 

POESÌ di Rino Mele

 

Corpo felice

 

Inizia con la sua fuga bambina, a Kyoto

questo testo scheggiato, la discesa a un Limbo tormentato.

Un inaspettato aborto diventa il confine

che non potrà abbandonare. Perdu è il nome che la strazia,

la mancanza

gridata già nella sua giovinezza letteraria, nell'arsura delle rime

spezzate,

l'urlo non placato, il bianco

della scena di un teatro, maschere ambigue

e l'anamorfosi della scena.

Ora, con questo Corpo felice dialoga con l’immagine svanita che aveva

imparato ad amare, si dirupa

come fosse lei

a essere inseguita da colui che continua a cercare.

Lo vede trasformarsi in un giovane uomo, si legano tra loro, maturano

impossibili intese, come i segmenti di un necessario sillogismo,

per dare pazienza al dolore.

Corpo felice è il racconto della perdita

del figlio ("con cui giocavo
segretamente") costretta in un letto
d'ospedale a non muoversi per non distrarlo dal nascere: poi tutto

all’improvviso si spezza ("cacciavo fuori 

tanto sangue"). Nel silenzio chiaro di una surreale scrittura, gli fa da

maestra, gli dice le incertezze
del nostro tempo, il rispetto per l’amore, il coraggio, il buio

della vertigine,

i quadrivi dove c'è sempre

uno sconosciuto dall'aspetto familiare da affrontare.
Il racconto è lieve come il piacere cui il dolore somiglia,

Perdu ormai è tornato e loro due

sanno i sentieri rovesciati, le tenebre.

 “Hai parlato di aborto, Anna?” gridava il coro di donne morte

de Il manifesto, enigma e figura di pena. Come la tragica elegia della

sua Isolina: costretta all'aborto,

morta, fatta a pezzi, gettata nell'Adige.

Ma in questo suo Corpo felice, v’è quasi un’azzurra gioia,

ciò che è perduto si ritrova. Trasformando la morte in luoghi del mito,

Dacia Maraini l’allontana dall’orrore,

e, come sul vetro il respiro, cancella l’ostile distanza tra la perdita

irrimediabile e la notturna ripetizione della visione.

 

_________________________________________ 

 

 

Rino Mele (Premio Viareggio Poesia 2016, terna finale con “Un grano di morfina per Freud, ed. Manni) scrive, il venerdì e il martedì, su “Agenzia Radicale”. Il nome della rubrica è “Poesì”, come nel primo canto del “Purgatorio” Dante chiama la poesia.

 


 

 

POESÌ di Rino Mele. La donna delle formiche

POESÌdi Rino Mele. Il muro e il respiro che viene meno

POESÌdi Rino Mele. Quei pastori che l'hanno rapita sono usciti anche loro dal buio della nostra storia

POESÌdi Rino Mele. Vortici e trombe d’aria, prove d’orchestra, della fine

POESÌdi Rino Mele. La povertà crocifissa

POESÌ di Rino Mele. Il puro albero di un orto cui s'impiccò Giuda

POESÌ di Rino Mele. Il feroce colore del ghiaccio

POESÌ di Rino Mele. Il tempo riflesso in uno specchio

POESÌ di Rino Mele. Il disamore del giorno 

POESÌ di Rino Mele. L'animale malato

POESÌ di Rino Mele. La nudità