
Si narra che da quel fatidico 40 per cento alle elezioni Europee non ne abbia imboccata una giusta nemmeno per sbaglio. Da fine e spregiudicato stratega della politica italiana, che in quattro e quatr'otto scala il Pd e si sbarazza abilmente di Enrico Letta, si è ridotto a rincorrere senza requie i grillini sul proprio terreno.
Eppure dovrebbe saperlo che alla fine si preferisce sempre l'originale alla volgare imitazione. Invece no, Matteo Renzi persevera e diabolicamente si dà la zappa sui piedi. In tal senso, la vicenda dei vitalizi risulta emblematica.
L'ex rottamatore, a rischio rottamazione, pur non essendo riuscito a imporre la calendarizzazione al Senato della legge Richetti in materia, ha provato a percorrere la strada antica e sempre verde dell'emendamento natalizio in finanziaria. Aveva però dimenticato, forse, che da qualche tempo insolite e virtuose abitudini parlamentari stanno scoraggiando, quando è possibile e conveniente, il ricorso alla sgradevole pratica di far approvare nella sessione di bilancio provvedimenti che nulla c'entrano con l'oggetto in discussione.
Pertanto, il colpo di coda per provare a sfilare l'argomento dalla campagna elettorale di Di Maio è fallito. Risultato: il Pd ha improvvidamente rinverdito la polemica per certi aspetti sopita e i 5 Stelle, gongolanti, in queste ore hanno ripreso a cavalcare l'onda, accusando il Segretario allo sbando di essere un "bugiardo". Oltre che - si potrebbe dire in questo caso più prosaicamente - cornuto e mazziato.