“Può compromettere la normale maturazione cerebrale e i rischi sono molteplici: sindromi demotivazionali, psicosi, effetti sul coordinamento psicomotorio con probabilità maggiori di incidenti stradali”. Sul banco degli imputati ancora lei: la cannabis. Le vittime designate: gli adolescenti.
Secondo i dati del rapporto 2013 sullo stato delle tossicodipendenze in Italia, curato dal Dipartimento delle politiche antidroga (DPA) della presidenza del Consiglio dei ministri, nel 2012 il consumo della 'maria' è cresciuto del 2% soprattutto nella fascia di giovani tra i 15 e i 19 anni, mentre il fenomeno sarebbe in calo tra la popolazione generale (15-64 anni).
L'indagine campione, effettuata su 45mila studenti, dimostra come il 21,43% dei ragazzi abbia fatto uso almeno una volta di cannabis negli ultimi 12 mesi, con un aumento di due punti percentuali rispetto all'anno precedente: un trend che, spiega il capo Dipartimento Giovanni Serpelloni, sarebbe rivelatore di quanto gli adolescenti abbiano “diminuito la percezione del rischio di pericolosità della cannabis”, nonostante quest'ultima sia “molto più nociva rispetto al passato”.
Le piante geneticamente modificate, infatti, “hanno raggiunto un principio attivo, Thc (la sostanza chimica che provoca l'alterazione psichica), pari al 46%”: per questo motivo, aggiunge Serpelloni, non si deve “abbassare la guardia, che peraltro abbiamo tenuto sempre ben attiva, e non possiamo condividere l'opinione di chi afferma che la cannabis è una sostanza innocua o addirittura salutare”.
Un'affermazione, quest'ultima, che certamente travisa parole e convinzioni di quegli antiproibizionisti convinti non del potere 'miracoloso' della marijuana, quanto piuttosto della sua proprietà naturale di alleviare alcune sofferenze causate da gravi malattie degenerative (e non).
Nonostante infatti sia risultata indubbia, in alcuni casi, la capacità lenitiva e terapeutica della cannabis, continuano incessantemente a proliferare ricerche sui possibili (e quasi sempre dati per certi) danni della pianta, mentre risulta quasi impossibile, per quanto riguarda la ricerca di finanziamenti, condurre studi sui suoi usi terapeutici, dal fine sicuramente diverso da quello della sollecitazione all'abuso.
La prevenzione, spiega ancora Serpelloni commentando i dati, è posta come obiettivo primario, unita alla capacità di condizionare i comportamenti degli adolescenti: se il grado di disapprovazione sociale trasmesso ai giovani da famiglie, scuole, Stato e coetani diminuisce – osserva ancora il capo Dipartimento – aumenta il consumo” di droghe.
Se, invece, si riuscisse a mantenere un certo costruttivo equilibrio tra le posizioni dei proibizionisti e quella dei loro 'avversari', e tra il ruolo della scienza e quello di una politica repressiva e ipocritamente allarmista, probabilmente si riuscirebbe ad evitare che proprio i più giovani, i più “vulnerabili”, siano facili prede di “forme evolutive di dipendenza” scaturite da una delle più gravi forme di schiavitù: l'ignoranza.